Non è facile nei momenti di difficoltà mostrare qualunque forma di ottimismo, perché si rischia di passare per stupidi o per visionari. Eppure è proprio quando le cose non vanno e la percezione generale è negativa che bisognerebbe sforzarsi di guardare avanti. Nel mio lavoro, tutti i giorni, incontro molte persone e lo stesso vale nella quotidianità della vita sociale. La caratteristica sta nella diversità dei soggetti che fanno parte di questo mio campione di contatti, che finisce per essere davvero rappresentativo della società valdostana. Spiace dire di quanto sia grande il senso di smarrimento, fra incomprensione e rabbia, nei confronti della politica regionale. Sui "social" questi sentimenti si esprimono, a commento di politici e politica, in modo virulento (spesso troppo), ma si tratta della punta di un iceberg di cui tenere conto e che dimostra - anche nelle persone più miti e disponibili - come non ci sia più alcuna intenzione di fare sconti.
Se la risposta continuerà ad essere per chi cucina in Regione pietanze indigeribili sempre la stessa e cioè di sostanziale incomprensione della della gravità percepita della situazione in corso, allora il distacco fra istituzioni e cittadini sarà incolmabile. Chiunque si trovasse a dover governare stenterebbe a ricostruire quel clima necessario per farlo, che non è esclusivamente questione di numeri, ma di idee e di proposte e queste mancano all'appello perché ci si accanisce in zuffe e reciproche accuse senza scendere mai da questo ring. Quale Valle d'Aosta per il futuro? Oggi chi comanda naviga a vista e il dibattito fra le forze politiche, fatto di amicizie e inimicizie come banderuole al vento per il rapido cambiamento di campo, è diventato appunto scontro continuo senza pause in cui prendere fiato. Questo avviene con tifoserie sempre più ridotte, perché la gran parte della popolazione è stufa e il partito più grande è quello degli astensionisti e buona parte di chi vota lo fa più con stizza, seguendo lo scenario di scaricabarile fra "Tizio" e "Sempronio" e di paralisi documentabile dell'Amministrazione. Parlate con chi in Regione lavora in posti di responsabilità e vi dirà come le incertezze e le liti sortiscano un blocco nelle scelte e nelle decisioni che ha fermato tutto e troppi incompetenti fanno danni quotidiani, perché finiti in ruoli chiave dove vivacchiano, pensando ai voti per la propria elezione come se fosse una vera e propria ossessione. Sembra ormai che mai si riesca a passare dallo svelamento a getto continuo delle cose che non vanno senza però offrire - fatta la parte distruttiva - soluzioni per costruire e ripartire. È scarsamente consolante ballare sulle rovine senza avere idee serie sul da farsi dopo aver goduto delle debolezze dei propri avversari. Viene perciò da rifarsi a due vecchi approcci. Il primo riguarda i cittadini, che ormai disertano partiti e movimenti, che possono fare le loro riunioni in una cabina telefonica. Ed è: «gli assenti hanno sempre torto». La mancata partecipazione al voto e la desertificazione dell'interesse per una politica attiva genere mostri. L'altra, per quanto vetusta è: «dalla protesta alla proposta». Si può passare tutto il tempo che si vuole a compartecipare alla protesta e chi, come me, ha vissuto epoche significative della nostra Autonomia può oggi essere in prima fila a dire le mille ragioni - con nomi e cognomi, circostanze e luoghi - che ci hanno portato sull'orlo del precipizio. Ma la denuncia e lo sdegno hanno dei limiti se intanto non si avvia, con un patto fra persone oneste in una logica intergenerazionale e con l'impegno delle energie positive, una nuova stagione di costruzione e di fiducia. Altrimenti ha ragione Bertrand Russel con un suo ammonimento, cui non mi rassegno: «La distruzione è naturalmente molto spesso necessaria quale preliminare alla susseguente costruzione; in questo caso fa parte di un tutto che è costruttivo. Ma non di rado un uomo si impegna in attività il cui proposito è distruttivo, indipendentemente dalla eventuale possibilità di costruzione che ne può seguire».