Sono rispettoso di tutti e cerco di dimostrarlo anche quando certe situazioni mi farebbero saltare la mosca al naso. Rispetto, ad esempio, il grande successo - fatto di libri e comparsate di vario genere - di Mauro Corona, che conobbi tanti anni fa, quando non era ancora lo scrittore di oggi. Mi era stato presentato come artigiano-artista, che con la sua bizzarria sanguigna faceva personaggio e mi era risultato nel suo genere simpatico. Poi c'è stato l'affermarsi - e lo dimostrano le copie vendute - nello scrivere con grande prolificità ed è emersa la capacità sua ed immagino della sua casa editrice di presentarsi come «il montanaro» per eccellenza e come tale proposto urbi et orbi con molti che pendono dalle sue labbra. Look rustico, lingua tagliente, rozzezza manifesta, pronto per ogni materia da discutere. E' diventato così con queste fattezze una sorta di popolare "buon selvaggio" alla Rousseau, caricatura dell'homo montanus, con una loquela diretta e senza peli sulla lingua. L'ideale per fare "audience", specie in una televisione di oggi dove emerge chi dimostra carattere, anche se in una logica dialettica borderline.
Ognuno fa quello che vuole, specie chi lo chiama come opinionista e non ho nessuna autorità per eccepire. Segnalo solo, e lo faccio sommessamente, che si tratta di un modello che sarà pure una "fuoriserie" con molto seguito, ma non è l'archetipo del "montanaro" perché nessuno si veste come lui e ragiona come lui. Si tratta di un unicum interessante ma non rappresentativo del mondo alpino e della sua complessità. Questo è importante dirlo: chi ha studiato le Alpi, le sue popolazioni, il coacervo di culture con similitudini e diversità sa bene quanto sia importante sdoganare il "montanaro" (o meglio "i montanari" che sono una realtà plurale) dal rischio di essere catalogati come... il montanaro nel solco "scarpe grosse e cervello fino". Si tratta di stereotipi e come tali ci si mette poco a trasformare persone serie in una loro parodia, fatta di parole grosse, di fisicità esagerata, di buonsenso "un tanto al chilo" e via di questo passo. La colpa, se di colpa si dovesse parlare, non è di chi viene invitato e riprende temi talvolta pittoreschi, "sfondando" il video. Ha scritto sul "Il Foglio", Costantino della Gheradesca, immagino reagendo in modo satirico all'esagerato comportamento del bombastico Corona: «Mentre nel resto del mondo c'è chi sta riempiendo lavagne e computer di calcoli che un giorno ci permetteranno di vivere in stazioni orbitanti in cui coltivare e mangiare manghi e spinaci fottendocene della stagionalità, il pordenonese Mauro Corona ci ricorda che lui si lava solo una volta ogni due mesi. "Quando proprio esagero", confessava nel 2016 ai microfoni della "Zanzara", "una doccia al mese". Per tranquillizzare il suo ampio pubblico di focose lettrici, Corona rassicura che - nonostante il suo discutibile regime igienico - lui tiene sempre pulito "quel pezzettino lì, perché non si sa mai". E a quanto pare, come lui stesso ammette, questo stile di vita così ambientalista non deriva da una vocazione al risparmio, ma nasconde una motivazione più vezzosa: la volontà di proteggere il ph naturale della sua pelle. La rigida filosofia coroniana non risparmia nemmeno i vestiti. Questo acerrimo avversario del sapone, infatti, considera un'esagerazione cambiarsi le mutande ogni giorno: "Le tengo una settimana, a volta qualche giorno in più. Poi le cambio, a una certa età ci sono delle gocce che scappano". Ma per distrarci dallo spettacolo della sua incontinenza senile, Corona ci tiene a vantare una sua dote superumana: la sua incapacità di sudare, ragione per cui non ha bisogno di cambiarsi i calzini come noi poveri mortali: "Non sudo, non c'è odore, li tengo anche venti giorni". E, forte delle sue virtuosissime ghiandole sudoripare, Corona invita il popolo dei suoi adepti a sottoporlo a un test incontrovertibile: "Se volete facciamo una prova in pubblico, con la gente che mi annusa. Io non sudo". Potete immaginare la mia gioia quando ho scoperto che quest'uomo - uno scrittore che ha fatto dell'ascella pezzata una forma d'arte - è allo stesso tempo amico di Salvini e sostenitore del "Movimento Cinque Stelle": il jackpot della banalità passatista. Nel futuro distopico sognato da Corona non solo non c'è spazio per gli "Ogm", per la "Tav" e la piena automazione. Nel suo mondo non c'è spazio nemmeno per uno shampoo e balsamo. Le docce e i calzini puliti sono banditi dal suo mondo ideale. Mentre i cinesi cattivoni sognano un'utopia ipertecnologica comunista che ristabilisca l'equilibrio ambientale e garantisca a tutti una vita dignitosa, noi italiani brava gente abbiamo deciso di affidare la nostra bussola morale a un pordenonese che si cambia le mutande una volta a settimana». Nel frattempo segnalo solo che politicamente è parso mutevole sullo scacchiere politico e resta da aggiungere che sarà pure esagerata la caricatura della caricatura appena proposta, ma resta la realtà: Corona è Corona. Non è perciò rappresentativo dei montanari alpini, neppure se si dovesse immaginare una modellistica ideale o farlo assurgere a sintesi di diversi caratteri miscelati. Per cui esibirne pregi e difetti diventa sbagliato e, in certi passaggi, offensivo se vale per farne una specie di portavoce. Poi, per carità, se fa audience è buon per lui e per il suo avvenuto riscatto umano e sociale, ma è altra cosa dal rischio di avere anche la sola idea che il montanaro di ieri e di oggi fosse e sia davvero come lui.