Esiste in politica, anche nella piccola Valle d'Aosta che non ne è al riparo, la figura eterna nella sua caratterizzazione: il "mestatore". Nell'esemplare sito unaparolaalgiorno.it risulta questa sintetica e esaustiva spiegazione: «chi mesta; chi trama e intriga, che viene da mestare, cioè "agitare mescolando", derivato dal latino "miscèere, mescolare", probabilmente attraverso un frequentativo "miscitare". L'azione del mestare, cioè dell'agitare mescolando, è comune, quotidiana: e sono proprio le azioni di questo genere ad avere significati figurati più intensi e autentici. Infatti a questo verbo sono collegati anche i significati di tramare, di intrigare: diventa un mescolare callido, esperto (perché anche le trame vengono cucinate); e il mestatore, quindi, se propriamente sarebbe colui che mescola, figuratamente diventa colui che ordisce trame occulte - usando come speciali strumenti l'agitazione, l'eccitazione. E va da sé che questa figura trova un particolare mordente in ambito politico».
Devo dire che nella nostra caratterizzazione locale il nostro soggetto somiglia ad animali artici d'alta quota sulle Alpi, come l'ermellino, la lepre variabile e la pernice bianca, che frequentano aree caratterizzate da un'alternanza di zolle erbacee e di rocce. Tutte e tre le specie hanno adottato la comune soluzione della livrea mimetica, candida d'inverno e bruna durante la buona stagione. Già, per il mestatore in politica il mimetismo è un'arte, che gli consente di agire sullo scacchiere intero. Chi ne voglia scandagliare le posizioni assunte nel corso della vita coglierebbe la straordinaria profondità di cambiamenti nelle diverse stagioni della vita nel nome non degli ideali che agita come vessilli, ma della straordinaria e versatile capacità di alimentare il suo opportunismo. Come un cuculo si inserisce in un nido giusto al momento giusto, pronto a volare altrove, dando naturalmente l'impressione di farlo per motivi nobili, mentre dietro certa sicumera - avvolta in genere in prosa e poesia di elevato livello - si nasconde quel mestare con il materiale meno nobile ma molto fertilizzante che consentì a Cambronne la celebre esclamazione. Quel che colpisce nel mestatore è la dote di spargere virus: fingendosi spesso mediatore di grandi doti in realtà inocula - e certo già in Valle non ce ne sarebbe bisogno! - elementi di odio e incomprensione in reti di rapporti alla Richelieu di provincia (benché da noi soppressa nel 1945) e tutto ciò crea commedie degli equivoci e pettegolezzi di basso rango. Ma lui resta un "flâneur", parola inesistente in italiano. Esemplare la descrizione sul sito mapsgroup: «In italiano non suona tanto bene: vagabondo, perdigiorno... Dà l'idea del riprovevole vizio dell'ozio. Ma in francese, è tutta un'altra cosa: flâneur... Che poi è un vagabondo perdigiorno lo stesso, ma il termine indica anche qualcos'altro: il flâneur, secondo la tradizione letteraria dell'Ottocento, è un intellettuale che trascorre il suo tempo vagando senza meta e senza scopo nello spazio cittadino (e la città è Parigi!), contemplando la folla urbana, seguendo il capriccio di un'osservazione disinteressata del mondo, in preda ad una curiosità libera dal profitto, un "botanico da marciapiede", per usare l'espressione coniata dal poeta Charles Baudelaire, che per primo ha incarnato e codificato la figura del flâneur. Naturalmente il flâneur ha molto tempo a disposizione, è «uno che porta al guinzaglio delle tartarughe lungo le vie della città», per dirla sempre col poeta. E' quindi un aristocratico dello spirito, o almeno un borghese esentato dal partecipare alla lotta per la sopravvivenza, un prodotto della rivoluzione industriale, come ben lo intese Walter Benjamin nel suo "Das Passagen-Werk"». Il "mestatore flâneur" - che ha un'assonanza con il modo di dire "fare flanella" per la capacità di annoiarsi in fretta persino delle proprie convinzioni - va trattato dunque con umorismo per non prenderlo troppo sul serio e con pietas cristiana con cui perdonarlo. Un misto fra sorriso e acqua santa nel porsi di fronte alla sua flânerie.