Quando fra gli anni Novanta ed il 2001 - nel pieno dei miei mandati parlamentari - si discusse delle famose riforme del "regionalismo" fui sempre in prima fila. In quel clima in cui pareva palesarsi un interesse per il "federalismo" - e la Lega all'epoca lo professava - presentai quella riforma complessiva dello Stato in senso federale che fece scalpore, trattandosi della prima proposta di legge costituzionale organica e non solo teorica. Eppure, in certi passaggi avvertii, ma oggi mi pare peggio, il solito fastidio di provenienza da diverse aree politiche verso le Autonomie speciali come la nostra. Per cui, in particolare come membro della Prima Commissione della Camera, non mancai passaggi pubblici e riunioni ristrette per vigilare e proporre. Annoto che alla fine non votai il testo completo della riforma del Titolo V voluta dal centrosinistra sul regionalismo proprio per l'assenza di un serio principio di intesa per la modifica degli Statuti Speciali.
E sempre in quella occasione che venne di fatto confermato l'articolo 116 con lievi modifiche per le Speciali esistenti (aggiunsi la dizione in francese della Valle). Il testo così suona: "Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano” Dopo mille discussioni - di cui esiste traccia nei resoconti con i miei interventi - venne aggiunta una parte nuova. Ecco cosa scrive, per meglio definire la questione, l'Ufficio Studi della Camera: "L'articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario (cosiddetto "regionalismo differenziato" o "regionalismo asimmetrico", in quanto consente ad alcune Regioni di dotarsi di poteri diversi dalle altre), ferme restando le particolari forme di cui godono le Regioni a statuto speciale (art. 116, primo comma). Il testo del terzo comma dell'articolo 116 recita: "Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119". L'ambito delle materie nelle quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia concernono: tutte le materie che l'art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente; un ulteriore limitato numero di materie riservate dallo stesso art. 117 (secondo comma) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato: a. organizzazione della giustizia di pace; b. norme generali sull'istruzione; c. tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali". Aggiunge questo documento: "Il tema del riconoscimento di maggiori forme di autonomia alle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, si è imposto al centro del dibattito a seguito delle iniziative intraprese dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, che nel febbraio 2018 hanno sottoscritto un accordo preliminare con il Governo per l'attuazione di condizioni speciali di autonomia". In questi giorni in Consiglio dei Ministri si è giunti al redde rationem su questa estensione di poteri, che non ha nulla di rivoluzionario, anzi si può dire che avviene in modo tardivo e non si può certo parlare di trasformazione delle Regioni richiedenti in Regioni a Statuto speciale. Eppure da Sinistra a Destra, dalle Regioni del Sud e soprattutto dai "Cinque Stelle" è emerso un: «apriti cielo!». Ho letto commenti ridicoli e risibili sulla rottura dello Stato, su uno scissionismo strisciante, sul Nord ricco che umilia il Mezzogiorno ed altre baggianate di fronte ad un limitato aumento di poteri e di risorse. Questo è il clima in cui viviamo e che obbliga i valdostani, a difesa del proprio regime autonomistico esistente, a lavorare assieme. In questa fase conviene rilanciare la nostra Autonomia umiliata da scandali e scaldaletti, inchieste gravi e miserie morali. Perché con questa temperie i rischi di finire triturati sono enormi dall'esterno e pure dall'interno. Mi auguro ci siano una scossa e una riscossa!