Leggo da distante - come sono attualmente - la solita polemica di inizio anno sugli aumenti autostradali, che questa volta colpiscono con precisione la "Rav" ("Aosta -Courmayeur" del Gruppo Benetton) e sono anzitutto e di conseguenza tentato dalla tecnica del "copia e incolla" sempre efficace. Quando un problema irrisolto è stato sviscerato in lungo ed in largo come mi è capitato su questo dossier, non esiste ampio spazio per l'originalità d'approccio. Basta una bella ricerca e trovereste passaggi come quelli che vi sottopongo come memoria. Scrivevo nel 2012: «Tutto sarebbe diverso se in Italia si prendesse atto - in una logica di discussione sugli esiti delle liberalizzazioni "all'italiana" - che il duopolio "Gavio-Benetton" crea una situazione contraria ai principi di concorrenza, aggravata da meccanismi di gara per i lavori da effettuare sulle autostrade che alimentano le stesse società dei due gruppi (Benetton gestisce anche buona parte degli autogrill). Un business colossale che sicuramente merita attenzione e inserisce le nostre autostrade «care come il fuoco» in un sistema complesso non riconducibile al solo interrogativo locale "comprare o non comprare?", ma nel quadro di un dibattito su che cosa valga la pena di mantenere al pubblico con principi di gestione efficaci e non speculativi».
Nel 2016: «Il "tassametro" è insito negli accordi convenzionali ed i privati che le hanno ottenuti non sono dei "carmelitani scalzi", così le tariffe stanno diventano sempre più impossibili, malgrado le formule di sconto per i residenti, che sono come un muretto dove ci vorrebbe un muraglione. Urge - e da anni lo scrivo, conoscendo i meccanismi - una trattativa con lo Stato e con l'Unione europea. Cominciando dal livello più alto, cioè Bruxelles, perché bisogna convincere le autorità comunitarie da un parte che siamo di fronte ad una posizione dominante delle società autostradali in Italia che viola il principio di concorrenza (cosa che fanno anche con gli appalti "in house", una dei meccanismi di guadagno in barba al mercato)». Ripeto che la scontistica per ora ottenuta sui pedaggi per certe categorie di pendolari è stata utile, ma va ammesso che è risultata come l'aspirina per una malattia grave e dunque non basta di fronte al meccanismo di aumenti che non si ferma mai. E che avviene in una logica che trasforma il territorio valdostano in terra di conquista, svilente per l'Autonomia e per la dignità stessa dei valdostani, che in politica ho sempre contestato, perché un conto è la mediazione, un conto è invece svendersi. Penso dunque che sia ora che si scelgano approcci diversi. Mi immagino una grande manifestazione civile ma ferma di protesta, del genere "Liberiamo le nostre autostrade". Non una protesta selvaggia alla "gilets jaunes" ma con tempi e modi concordati con le autorità preposte all'ordine pubblico con il giusto clamore mediatico, bloccando la strada in un clima festoso ma risoluto. Penso poi che la Regione debba incaricare uno studio di avvocati esperti per capire a fondo due cose: il reale rispetto da parte anzitutto di "Sav - Società autostrade valdostane SpA" degli impegni convenzionali assunti per la gestione della tratta "Quincinetto - Aosta", lavori compresi, specie quelli inhouse (con imprese del medesimo Gruppo Gavio), visto che non ci troviamo di fronte a chissà quale smagliante arteria (eguale approfondimento sulla più recente, come epoca di costruzione, autostrada del Monte Bianco). Bisogna capire se i calcoli tariffari sinora ottenuti siano sempre stati equi oppure no e contestare, se il caso, le proroghe sino al 2032 delle concessioni in essere. Materiale da sottoporre con un esposto formale anche alle autorità europee che vigilano su materie come la Concorrenza, perché non si tratta solo di un problema di noi residenti o dei villeggianti che salgono in Valle, ma qualunque cittadino europeo - che siano un'azienda o un turista in transito - si trovi a passare attraverso la Valle sceglie, con tariffe sempre più salate, un corridoio che si trova lungo la Rete transeuropea dei Trasporti e non sulla strada comunale per una frazione di montagna. Il resto sono chiacchiere e bisogna diffidare di chi semplifica dicendo: compriamoci le autostrade. Chi dall'altra parte si dice disponibile ad una vendita di quella che è stata una "gallina dalle uova d'oro" come mai dimostrerebbe un'improvvisa generosità? Se la gestione pubblica dovesse essere la strada, allora va valutata con attenzione rispetto a delle gestioni private con patti chiari, controlli seri e paletti da rispettare. Comunque sia, il tavolo - per queste alternative - va aperto con lo Stato e con l'Unione europea attraverso strumenti legislativi di piena tutela per i cittadini-utenti per i quali sono state costruite le autostrade!