Il presupposto di domandare ed avere competenza legislativa - cioè il ruolo più importante espresso dal Consiglio Valle, il Parlamentino dei valdostani nel vigente ordinamento - è che lo si riteneva un caposaldo dell'Autonomia. So bene quanto le competenze esclusive e quelle integrative (concorrenti) si siano in parte svuotate per l'obsolescenza di alcune delle materie elencate nello Statuto per colpa del centralismo romano e dei poteri europei, ma esiste anche una crescente pigrizia nell'uso di questo strumento essenziale. A dimostrarlo le poche leggi vere (non solo quelle di semplice spesa, numerosissime) approvate in questi anni. Qualche miglioria nei poteri e nelle competenze è venuta dalla famosa riforma del Titolo V del 2001 e dalle "norme di attuazione", prima con le deleghe statali ad una Commissione Paritetica a termine operativa dagli anni 70 e poi con la Paritetica "stabilizzata" negli anni '90 con la modifica statutaria di cui all'articolo 48 bis. Negli ultimi anni purtroppo la Paritetica ha proceduto a rilento e ne risente l'Autonomia, compresa quella legislativa del Consiglio Valle.
Ci riflettevo per una ragione precisa: una delle riforme decisive nei prossimi anni - su cui dal 1993 abbiamo competenza esclusiva grazie ad una mia vincente battaglia parlamentare - riguarda il futuro delle Autonomie locali e cioè in particolare dei 74 Comuni. Non sto a fare la storia di quanto è stato fatto da allora, oggi abbiamo le "Unités des Communes" come Ente intermedio ed i Comuni sono sempre rimasti gli stessi. Su tutte le Alpi, al di qua e al di là, si discutono formule di accorpamento dei Comuni, in genere con strumenti referendari. Da noi il dibattito è fermo ed incalzano le elezioni comunali del 2020, quando penso sarà - anche per la stretta ai bilanci comunali ed un generale peso burocratico crescente, assieme a responsabilità contabili sempre più assillanti - davvero difficile trovare chi si candiderà non solo al ruolo di sindaco ma anche chi abbia voglia di sedere in Consigli comunali con scarsi poteri. Ecco perché mi fa piacere segnalare chi - il mio solito amico occitano Mariano Allocco - scrive dalle vallate sotto la Provincia di Cuneo dei ragionamenti. In uno scritto rievoca il passato, come dimostrazione della capacità avuta in passato di avere soluzioni originali e non ricopiature. Mi limito a qualche passaggio: «Alcune forze politiche pensano che lo sviluppo delle vallate possa passare attraverso le fusioni dei piccoli Comuni, una proposta mutuata da contesti non alpini pericolosa per l'avvenire del Monte. Prima di smantellare un impianto istituzionale che arriva dalla storia, altre soluzioni possono essere pensate ed attuate, l'obiettivo non può che essere il recupero di un approccio comunitario per il governo del Monte. Se dovessi pensare a risposte possibili per la Val Maira suggerirei di ripartire dal 21 marzo del 1643, quando si riunì per l'ultima volta la "congrega generale" dei comuni della val Maira, mai più convocata e mai abolita, alcuni spunti organizzativi potrebbero essere utili. La storia della "Communità delle terre di tutta la Valle Mayra" con le sue "libertà e buone vianze" è un esempio di eccellenza organizzativa. Il grado di indipendenza di una società, si misura valutando "le libertà" di cui godono la sua struttura di potere, l'organizzazione dell'Amministrazione pubblica e della giustizia, la presenza di una propria "politica estera" e, cosa di non poco conto, da come viene organizzata la gestione della violenza. L'Autonomia presuppone un governo che si basi su di un potere compiuto e autonoma è stata la valle Maira fino alla fine del 1500». Segue una descrizione puntuale dell'evoluzione di queste istituzioni e del loro spirito comunitario non per una logica di anacronistico rimpianto ma per far capire come esistono radici autonomiste che vanno attualizzate con modellistiche adeguate ai tempi e non "esterofile". Bello questo passaggio: «Era gente abituata da secoli a decidere in proprio e in modo democratico quella dell'alta valle Maira e gli statuti nella parte iniziale descrivono una struttura di potere molto articolata: organi di garanzia e potere giudiziario, struttura amministrativa ed esecutiva, organizzazione della forza e della violenza; i compiti di tutte queste Istituzioni erano ben separati e descritti e si dava la massima importanza al coinvolgimento collettivo nella gestione della cosa pubblica, evitando personalismi e reiterazione di incarichi». Le tracce di una civiltà sono un filamento lungo senza il quale siamo estranei alla nostra stessa realtà. Ecco perché anche i legislatori valdostani di oggi devono essere degni di quegli strumenti giuridici del passato che, analogamente alle vallate occitane di Mariano che tiene viva la storia delle sue genti in chiave contemporanea, si devono sforzare di fronte a questo tema in un periodo di vacche magre e gravi incertezze. Ma sarebbe un delitto non pensare a formule nuove ed originali per il nostro sistema Autonomistico comunale, che sappia salvare l'identità di comunità minuscole a rischio gravante di scomparsa con esigenze di fornire - nel nome dell'eguaglianza - servizi alle persone, alle famiglie e alle imprese nella logica del pubblico e dei servizi pubblici. Tema di straordinaria difficoltà e di grande ingegno da mettere in campo, ma non parlarne e non decidere per ragioni di bottega (le elezioni sempre presenti come una fissa) accentuerà le difficoltà. Non decidere tra l'altro è - sia chiaro! - già una decisione!