Sono entrato, essendo del 1958 e dunque della metà del secolo scorso, nei sessant'anni della mia vita. E mi vien da scherzare sul fatto che siano divertenti e fattivi come gli anni '60 del Novecento. Noi coi capelli grigi o candidi - per chi li ha! - siamo larga maggioranza in una Valle d'Aosta che invecchia grazie alla maggior probabilità di vita, che si incrocia con il calo drastico della natalità. Io sono stato, come deputato, un "giovane politico" ed ho espresso una buona parte del mio lavoro più importante in un'età relativamente giovane e, se si scorre la data di nascita del Consiglio Valle, ancora oggi si vede che lo sbandierato e condivisibile "largo ai giovani!" resti un slogan. Credo sinceramente che il ricambio, se non un trucchetto per fare fuori i "nemici", sia una necessità ma ad una condizione. Non si può pensare che nelle Assemblee elettive o nei ruoli di Governo non ci sia un equilibrio tra "vecchio" e "nuovo" e le capacità come l'inconsistenza non hanno età e ci sono oppure no. Penso che il mix fra nuove energie e esperienza accumulata siano il cemento di una comunità e la migliore espressione possibile.
Per questo condivido l'editoriale di oggi di Paolo Di Stefano sul "Corriere della Sera": «Non è bastata la retorica rottamatrice (e autolesionista) di Matteo Renzi per scoraggiare il giovanilismo come ideologia o garanzia politica. Il paradosso è che lo stesso diktat generazionale sbandierato dall'ex leader democratico precocemente invecchiato (rottamare i vecchi in quanto vecchi e affidarsi ai giovani in quanto giovani) diventa adesso la bandiera leghista: cioè lo slogan della parte opposta. Ma potenziato fino a diventare tre volte tautologico a Bari, tappezzata in questi giorni di giganteschi manifesti della Lega di Salvini che per le primarie della destra inneggiano a Fabio Romito, candidato sindaco trentenne. La parola d'ordine, che si sovrappone al suo visino di beneducato adolescente con barbetta, è triplice: "Troppo giovane per scendere a compromessi", "Troppo giovane per mentirvi", "Troppo giovane per non cambiare Bari"». Confessando il fatto che ancora mi stupisce l'inversione ad U della Lega, diventata sovranista dopo essere stato partito territoriale del Nord, condivido quanto certi slogan siano svilenti se non ridicoli. Dice bene l'autore dell'articolo: «Dunque, sventolando la giovinezza come qualità morale e virtù politica, e implicitamente (renzianamente) bollando la vecchiaia come trasformismo, menzogna e oscurantismo medievale. Con queste (false) premesse non resta che precipitarsi in Rete per scoprire gli slanci vitali e ideali del verde candidato verde. Ci si imbatterà in un giovinotto in maniche di camicia (bianca) che, con aria da democristiano settantenne (per intenderci, più alla Di Maio che alla Salvini), invita la sua città a "ritrovare una cattiveria agonistica, una determinazione e un po' di entusiasmo", annunciando senza determinazione né entusiasmo di voler "ribaltare la piramide politica e sociale" con "cittadini che finalmente si potranno tornare a sentire protagonisti e non semplici spettatori". Un proverbio popolare diceva che a essere giovani si impara da vecchi. In politica è vero anche il contrario: a essere vecchi si impara da giovani. Il che sconsiglierebbe anche ai verdi di puntare troppo sulla verde età». Capisco che possa essere considerato come un utilizzo strumentale della mia condizione di sessantenne, ma sia chiaro che - almeno per ora - bisogna piantarla di considerare chi ha avuto esperienze significative come usato da sbattere in discarica. Chissà se ogni tanto il giovane "rottamato" Renzi ci riflette!