Leggo ormai i giornali sul telefonino, almeno sino a quando per singolare alchimia una mia piccola miopia si contrasta benevolmente con la presbiopia dell'età, consentendomi di leggere bene caratteri piccoli. Se non ce la farò più, inforcherò gli occhiali ed userò il tablet e capiterà lo stesso per la scrittura di questi miei post quotidiani. E' comunque un relativo paradosso usare per leggere i quotidiani questi strumenti digitali, che sono di fatto gli "assassini" della tradizionale carta stampata, perché sono loro - ben più della radio e della televisione ormai sulla scena dal secolo scorso e con cui i giornali hanno convissuto - che garantiscono con diverse modalità notizie di flusso che contraddicono quella stampa che imbalsama l'attualità all'atto della chiusura per andare in tipografia. Per questo i giornali si sono buttati sul Web, offrendo servizi che contrastino la crisi delle modalità tradizionali di rivolgersi ai lettori.
Però il giornale, con la sua impaginazione, resta ancora qualcosa di diverso dai Siti con quella sua unica rappresentazione geometrica e spaziale dell'attualità e, quando si ha tempo di usare la versione cartacea, esiste un senso di godimento per chi non è nativo digitale. Godimento che in certe giornate volge alla tristezza. Ci pensavo ieri quando i direttori e gli staff redazionali hanno dovuto mettere in pagina vicende che, a diverso modo, mi turbano per un mondo che non si capisce bene come giri. I fatti della discoteca delle Marche dominavano le prime pagine con la solita storia all'italiana di morti inutili, perché a fronte di legislazione e regolamenti ossessivi sulla sicurezza nei locali basta un cretino con una bomboletta di gas urticante per creare una tragedia derivata dalla distonia fra le regole e la loro osservanza. A seguire, messe in fila secondo le scelte, arrivavano le manifestazioni di piazza, segno dei tempi. C'è stata quella di Torino dei "no Tav" nel segno di uno sconcertante antimodernismo e di una ignoranza preoccupante sui trasporti, che lederebbe - in caso di mancata costruzione della "Torino - Lione" - zone alpine come quella valdostana destinate ad essere sempre più corridoio per il trasporto su gomma con raddoppio imposto del Traforo del Monte Bianco per necessità. C'è stata poi quella leghisti ormai sovranisti e nazionalisti che scendono a Roma, un tempo «ladrona», scegliendo un posizionamento che non ha nulla a che fare con il federalismo delle origini con buona pace di quella parte di leghisti valdostani che si ispirano ad Émile Chanoux. Ed infine Parigi con questo fenomeno bizzarro dei "gilets jaunes", che sono una specie di "jacquerie" (in Valle d'Aosta si potrebbe dire una "révolution des socques") che mette assieme anime diversissime contro il nuovo "Re Sole", Manuel Macron, amatissimo alle elezioni presidenziali da quello stesso popolo che oggi lo vuole detronizzare. Lui reagisce alle proteste spesso sconclusionate e violente con logiche militari e altrettanto violente. Bene sarebbe per tutti capire cosa sta capitando e quale vento soffi sull'Europa di fronte un incrocio di storie che lascia perplesso chiunque abbia un approccio razionale e si accorge di quanto, invece, di illogico imbeva la nostra umanità, che pare seguire più i propri istinti che logiche di ragionamento. Ma non si può fare a meno di cercare di capire. Non che, sfogliando il resto dei giornali, comprendendo nel caso de "La Stampa" la cronaca valdostana, ci sia in qualche maniera occasione per manifestare ottimismo e vedere motivi di compiacimento rispetto a questo strano Caos che ci avvolge. Per fortuna la vita scorre e ogni giorno si incontrano persone che hanno reazioni logiche rispetto alle ombre che superano le luci e non ci stanno al degrado dei rapporti sociali e a quello che il "Censis", nel suo rapporto annuale, ha chiamato - con una zampata linguistica - «sovranismo psichico». Cito, in attesa di leggere tutto il rapporto e non solo i capitoli sinora pubblicati - un passaggio di un articolo di "HuffPost": «Un "sovranismo psichico" prima che politico - si legge nel testo - ha incattivito i cittadini delusi dallo "sfiorire della ripresa" e dall'attesa, vana, di un cambiamento miracoloso. Nel documento gli italiani vengono descritti come funamboli che hanno accettato di compiere un salto verso l'ignoto, che stanno camminando "sul ciglio di un fossato che mai prima d'ora si era visto da così vicino, se la scommessa era poi quella di spiccare il volo". Quella della popolazione italiana è stata, secondo i ricercatori del Censis, "quasi una ricerca programmatica del trauma, nel silenzio arrendevole delle élite, purché l'altrove vincesse sull'attuale disagio, si legge nel report, "assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria, dopo e oltre il rancore, diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare. Il processo strutturale chiave dell'attuale situazione e l'assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive"». Sarà bene ragionarci perché sono situazioni potenzialmente pericolose e destinate a paginate sui giornali da leggere, essendo specchio di una realtà allarmante, con crescente preoccupazione.