Capita, quando si è alla pompa di benzina a fare il pieno, di trovare qualcuno che - sapendo che conosco la storia - mi rievoca la fine dei "buoni carburante", in ultimo non più cartacei ma attraverso la "Carte Vallée", che consentivano ai valdostani di avere un certo quantitativo di carburante in esenzione fiscale. Condivido, nell'interloquire, come questa perdita abbia creato un impoverimento di famiglie e imprese e talvolta mi lascio andare a qualche spiegazione sugli errori fatti nel 2008 da chi tornò al potere all'epoca e che soppresse i "buoni" con atto regionale. Ricordo, se in vena di farlo, come spettasse semmai al Parlamento l'abrogazione della norma della legge numero 623 del 3 agosto 1949 che prevedeva i famosi "buoni" in attesa della applicazione dell'articolo 14 del nostro Statuto sull'istituzione della "Zona franca".
Ed era già pronta, in sostituzione, una norma di attuazione che prevedeva sconti regionali sui carburanti da potersi realizzare attraverso risorse proprie, che sarebbero state finanziate attraverso i fondi del riparto fiscale derivanti dal maggior gettito ottenuto con la soppressione della defiscalizzazione. Ma la bozza di norma di attuazione creava anche - e questo era ancora più importante - un quadro giuridico proprio sulla "Zona franca" prevista dallo Statuto da trattare con Bruxelles, tenendo conto del contesto legislativo comunitario.
L'attualità invece mostra due notizie: uno è il movimento spontaneo in Francia, noto come "gilets jaunes" dai giubbotti catarifrangenti indossati in caso di incidente, di automobilisti stufi dai rincari scesi per strada a protestare (ieri hanno bloccato il tunnel del Monte Bianco!); l'altro è il mancato rispetto del Governo Conte delle promesse, specie del vice premier Matteo Salvini, di mettere mano ai prezzi dei carburanti e non è stato fatto.
L'idea giusta era rivedere la follia delle accise, che pesano per più di un terzo sul prezzo e sono composte in buona parte da imposte di scopo, introdotte dai vari Governi per raggiungere specifici obiettivi. Ogni volta che acquistiamo un litro di benzina ricordiamoci delle diciassette accise sui carburanti, a cui va aggiunta l'Iva al 22 per cento:
0,000981 euro: finanziamento per la guerra d'Etiopia (1935-1936); 0,00723 euro: finanziamento della crisi di Suez (1956); 0,00516 euro: ricostruzione dopo il disastro del Vajont (1963); 0,00516 euro: ricostruzione dopo l'alluvione di Firenze (1966); 0,00516 euro: ricostruzione dopo il terremoto del Belice (1968); 0,0511 euro: ricostruzione dopo il terremoto del Friuli (1976); 0,0387 euro: ricostruzione dopo il terremoto dell'Irpinia (1980); 0,106 euro: finanziamento per la guerra del Libano (1983); 0,0114 euro: finanziamento per la missione in Bosnia (1996); 0,02 euro: rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri (2004); 0,005 euro: acquisto di autobus ecologici (2005); 0,0051 euro: terremoto dell'Aquila (2009); 0,0071 a 0,0055 euro: finanziamento alla cultura (2011); 0,04 euro: emergenza immigrati dopo la crisi libica (2011); 0,0089 euro: alluvione in Liguria e Toscana (2011); 0,082 euro (0,113 sul diesel): decreto "Salva Italia" (2011); 0,02 euro: terremoto in Emilia (2012).
Dal 2011 ad oggi ci sono stati ben sette rincari che hanno fatto impennare del ventinove per cento le accise sulla benzina e addirittura del quarantasei per cento quelle applicate sul gasolio da autotrazione. Attualmente, a causa del solo peso delle accise, quando riempiamo il serbatoio versiamo al fisco più di 70 centesimi ogni litro di benzina e poco più di 60 centesimi euro ogni litro di gasolio. Un conto complessivo che per il 2017 è stato pari a circa 26,7 miliardi di euro. Il tutto senza contare poi il peso, sempre tutto fiscale, dell'Iva che ovviamente contribuisce a rendere ancora più pesante il conto degli automobilisti. Tra l'altro, proprio il combinato disposto di accise ed Iva innesca il perverso meccanismo delle tasse sulle tasse, meraviglia delle meraviglie. Ritoccando infatti al rialzo le accise, queste ultime vanno ad aumentare la base imponibile su cui si applica l'Iva stessa. Un vero e proprio salasso per i consumatori, e viceversa un doppio vantaggio per le casse dello Stato, che preferiscono questo tipo di prelievo rispetto al perseguimento degli evasori che contano. Con il risultato finale che, considerando gli attuali costi dei carburanti, circa il 62 per cento del prezzo della benzina e il 59 per cento di quello del gasolio, sono dovuti alla parte fiscale. Insomma: volendo si potrebbe intervenire, ma - a differenza della Francia - gli italiani non protestano neppure di fronte alle promesse mancate. D'altra parte si rassegnano al fatto che si persegua con pervicacia la demenziale uscita dall'euro ed è tutto dire.