Chi mi conosce sa che non fanno parte del mio carattere né il pessimismo né la demoralizzazione, ma questo non vuole dire mettersi la "pelle di salame" sugli occhi quando le cose si complicano con il rischio di ingripparsi. Così sta avvenendo nella complessa vicenda politica valdostana, avviluppatasi su sé stessa in una crisi in Regione che causa un serio rischio di impasse. Ne osservo da settimane gli sviluppi con una buona dose di preoccupazione e persino qualche lampo di stupore, specie quando sento scricchiolare il "minimo sindacale" della ragionevolezza. Aggiungerei anche che compartecipo alla fatica di larga parte dell'opinione pubblica valdostana ormai stufa di un clima di incertezza, fluidità e ambiguità. Segnalo in aggiunta come non si debba mancare di senso pratico o essere ipocriti, per cui certuni che oggi in politica fanno gli indignati e si atteggiano a "salvatori della Patria" ben sapevano che alcuni meccanismi causa/effetto esistenti (partendo dalla legge elettorale) ci avrebbero portati sino a qui e scaricare la responsabilità sugli altri non è mai un gesto nobile e neppure assolutorio.
Ma conviene non perdersi in queste storie, usare il cancellino e guardare avanti per evitare un cortocircuito e fare anche ogni necessario atto autocritico per avanzare piuttosto che attardarsi in polemiche, che alimentano altre polemiche ed intanto si perdono tempo ed energie e si sta fermi. E' normale che in ogni maggioranza, specie se risicata, ci sia chi alzi il prezzo per il suo voto. E' comprensibile che in una maggioranza chi non ha posti di responsabilità agogni ad averne. Ci sta che chi è all'opposizione possa aspirare ad entrare in una maggioranza per avere un ruolo apicale. E' appurato che in comunità ristrette, quindi anche in Politica, si alternino odi e amori, incomprensioni e alleanze, antipatie e simpatie, che influenzano le scelte. Ci sta che ci sia chi trasforma certe decisioni da assumere in calcoli elettoralistici e che i "social" siano un palcoscenico su cui bisogna stupire per emergere. Aggiungo, infine, che nessuno nasce "imparato" e bisognerebbe avere l'umiltà di chiedere a chi ha esperienza e mai spaventarsi del confronto come lievito per trovare le soluzioni migliori. Mettete tutto questo - ed altro che si poteva dire su caratteri, ambiguità, calcolo e pure sulla stupidità - dentro un mixer e avrete situazioni difficili in cui trovare la sintesi è più complesso del dovuto, per la semplice ragione che le soluzioni di mediazione intelligenti le si trovano solo se lo si vuole fare e se non ci si impunta considerandosi i più furbi della compagnia, sapendo muoversi e non piantandosi sul sentiero come fanno i muli quando si intestardiscono. In sostanza nulla di nuovo sotto il sole, ma la miscela che ne deriva, se non ci sveglia, può davvero bloccare tutti i meccanismi democratici, quando non si guarda al quadro più ampio, rimuovendo ostacoli e non costruendone di nuovi. E allora? Non so bene come scriverne, perché già esprimersi si presta a commenti della serie: «Cosa vuole?», «Da che pulpito!», «Ma chi si crede di essere! Guardi in casa sua...», «Il solito vecchio trombone frustrato!». Non mi impressiono affatto perché sono tranquillo e rilassato e con questo stato d'animo invito al dialogo, che è più faticoso delle liti, perché presuppone rinunce, pazienza, ascolto e capacità di trovare forme di compromesso senza le quali cresceranno difficoltà e incomprensioni. C'è chi avrà - se invece si restasse sul terreno dello scontro perpetuo - il premio del gallo più coraggioso del suo pollaio, chi la gioia dei complimenti dei suoi quattro amici al bar, c'è chi sarà convinto di avere fatto la mossa vincente grazie a qualche "like" su "Facebook". Ma il rischio è che manchi la soluzione per dare alla Valle d'Aosta quella maggior stabilità politica indispensabile in questa Legislatura regionale, perché in un'epoca situata in un incrocio di situazioni italiane ed europee, se non mondiali, che fanno venire i brividi e - senza una quadra - si sommeranno difficoltà a difficoltà e non è davvero il caso di aggiungerne al conto finale. Altrimenti che si torni alle urne, confermando i meccanismi di segretezza del voto e modificando quelli premiali per avere una maggioranza dopo le elezioni.