Fatevi un giretto all'Espace Aosta, la vasta area adiacente a quanto rimasto del grande stabilimento "Cogne". Frutto di fondi comunitari, questa nuova area era stata impostata per progetti di reindustrializzazione, in analogia con un'analoga struttura all'ingresso della Valle dove sorgeva - indegnamente rasa al suolo senza lasciare neppure un pezzo del passato a futura memoria - lo stabilimento "Ilssa Viola". Noterete non solo che di industriale di fatto non c'è nulla di realmente corposo, segno di un fallimento dell'opera di attrazione malgrado importanti approfondimenti come uno studio fatto dalla "Ambrosetti" sulla tipologia di aziende da contattare, ma quel che sconcerta è lo stato di evidente abbandono per una evidente sciatteria nella manutenzione delle strutture.
Questa questione di opere pubbliche che, una volta costruite piano piano di degradano, è una evidenza che fa arrabbiare è che dimostra non solo le conseguenze di casse pubbliche esangui, che pure ci sta, ma di una sciatteria diffusa. Si costruisce e poi si ritiene, dall'inaugurazione in gran pompa in poi, di accettare - come un ineluttabile destino - che il tempo intervenga a danneggiare i manufatti come se fosse un triste destino cui non si può reagire. Basta fare un giretto in qualche Paese europeo per vedere come, a parità di risorse a disposizione, la mentalità sia del tutto diversa e dunque si tratta di una situazione cui non bisogna rassegnarsi e spetta al legislatore - fautore di norme complicatissime e inefficaci in larga parte per la fase degli appalti e delle gare - trovare soluzioni che rendano obbligatorio un ragionamento per il dopo. Altrimenti si continueranno a vedere costruzioni che si degradano in un batter d'occhio con evidente danno per la comunità. Trovo sul Web un articolo di qualche tempo fa di Amedeo Gargiulo - ingegnere con un prestigioso curriculum - su "WildItaly", che spiega meglio di me la posta in gioco: «La manutenzione è un argomento trasversale, che incrocia varie aree e discipline. Non è possibile scorporarla da tutto il resto, pena la perdita della sua reale essenza ed importanza. Si dovrebbe comprendere che può essere un centro di profitto e non di costo. Evitare investimenti in manutenzione spesso non è un risparmio, bensì un aggravio di spese, conseguente alla mancata gestione preventiva di ammaloramenti, guasti, avarie e malfunzionamenti che causano o prolungano l'indisponibilità dei beni di riferimento. Nel nostro Paese non c'è una corretta cultura della manutenzione e di conseguenza non si investono le risorse necessarie per assicurarla. Lo si può capire anche con esempi semplici connessi con l'esperienza quotidiana di ciascun cittadino. La manutenzione delle strade, Roma docet, andrebbe fatta con programmazione, per prevenire il formarsi di buche - a volte voragini - e con qualità di materiali e correttezza di esecuzione che rispetto alla regola d'arte fanno sorridere. Parliamo di un problema innanzitutto culturale. Qualcuno infatti pensa di essere furbo ad agire in questa maniera, soprattutto risparmiando, e i politici hanno più piacere quindi di allocare le risorse finanziarie per opere nuove: non si può fare un'inaugurazione per un lavoro di manutenzione seppur straordinaria. E così ci troviamo in un paese dove crollano le case e i ponti, dove le strade sono quello che sono, dove alcune strutture devono essere chiuse per prevenire guai peggiori, dove gli acquedotti arrivano a perdere oltre il dieci per cento dell'acqua che portano. E pensare che l'ingegneria su queste tematiche ha fatto passi da gigante ed oggi la manutenzione può essere effettuata in maniera organica». Non mi infilo in questioni tecniche che non sono il mio terreno, ma provate oggi a guardarvi attorno con più attenzione, partendo proprio dalle strade, guardando i palazzi pubblici, che siano i municipi piuttosto che le scuole, i marciapiedi così come gli arredi urbani e scoprirete anche nella nostra Valle situazioni deprimenti e immagino che risalendo la catena delle responsabilità si stenti a trovare un responsabile. Lo stesso vale per i privati e nel paese in cui vivo, Saint-Vincent, condomini ormai cadenti e vetuste strutture alberghiere chiuse da anni sono il monumento del degrado, che non solo colpiscono in negativo il residente ma diventano repellenti per qualunque turista e sembra di fronte a questo senso di abbandono, talvolta sfasciume, non penso che ci debba essere muta rassegnazione.