Chi crede nella Politica si fa molte domande mentre si avvia la campagna elettorale per le elezioni regionali valdostane, ennesimo test sullo stato di salute della nostra piccola e imperfetta democrazia. Il mio primo rovello riguarda due categorie di cittadini con cui bisogna interloquire. La prima è formata da chi ha deciso di non votare più con la scelta dell'astensionismo, cui si aggiunge chi invece mette nell'urna la scheda bianca o quella nulla. Un popolo eterogeneo e anonimo - per la riservatezza non si può sapere il nome degli astensionisti - che oggi in Valle d'Aosta è il primo partito, oscillando attorno al trentacinque per cento. Si tratta, dunque, di riuscire a scovarli, in senso buono naturalmente, per convincerli a tornare nel circuito della rappresentanza politica e della partecipazione.
Ciò vale anche - lo dico con l'ottica di autonomista - per i molti che hanno abbandonato quest'area per scandali vari che hanno sporcato la credibilità della Politica valdostana. Per cui c'è chi ha scelto la strada del populismo e della demagogia d'importazione di chi neppure ha fatto - come i "Cinque Stelle" e Lega - una vera campagna elettorale diffusa, ma ha vissuto nella rendita di posizione dei clamori della politica italiana e dei suoi disastri ben visibili con le ridicole trattative a Roma per dare uno straccio di Governo senza più un briciolo di coerenza nelle alleanze in costruzione. Come si può pensare che questa sia la cura per uscire dalla situazione e, di conseguenza, cosa fare? Gambe in spalla bisogna tornare sul territorio con incontri numerosi per capire e spiegare idee e progetti di un mondo autonomista onesto e corretto. Ciò va fatto con l'aiuto di quegli strumenti utili ma pericolosi che sono i social, dove il dialogo è un'opportunità spesso sprecata da notizie fasulle, liti oziose e dal germe dell'intolleranza. Ricordavo in queste ore, tre diverse storie per dire come l'impegno civile vada reiterato. La prima è una storiella di Peter Schultz, l'americano inventore della fibra ottica: «Tre persone erano al lavoro in un cantiere edile. Avevano il medesimo compito, ma quando fu loro chiesto quale fosse il loro lavoro, le risposte furono diverse. "Spacco pietre" rispose il primo. "Mi guadagno da vivere" rispose il secondo. "Partecipo alla costruzione di una cattedrale" disse il terzo». La seconda, se volete persino un superamento suggestivo, pensando alle radici rurali valdostane è dello scrittore brasiliano Paulo Coelho: «Ogni essere umano, nel corso della propria esistenza, può adottare due atteggiamenti: costruire o piantare. I costruttori possono passare anni impegnati nel loro compito, ma presto o tardi concludono quello che stavano facendo. Allora si fermano, e restano lì, limitati dalle loro stesse pareti. Quando la costruzione è finita, la vita perde di significato. Quelli che piantano soffrono con le tempeste e le stagioni, raramente riposano. Ma, al contrario di un edificio, il giardino non cessa mai di crescere. Esso richiede l'attenzione del giardiniere, ma, nello stesso tempo, gli permette di vivere come in una grande avventura». Infine i pensieri che condivido di Daniel Burnham, architetto statunitense: «Non fare piccoli progetti; non hanno la magia di scaldare il sangue degli uomini e probabilmente non saranno mai essi stessi realizzati. Fai dei grandi progetti; mira alto nella speranza e nel lavoro, ricordando che un progetto nobile e logico, una volta registrato non morirà mai, ma resterà a lungo una cosa viva per molto tempo dopo che noi ce ne saremo andati». E' ovvio il concatenammo dei pensieri, che cerco personalmente di insufflare nel nascente MOUV', il piccolo Movimento politico che ha l'ambizione smisurata di far ripartire diversamente l'autonomismo valdostano oggi lacerato e stravolto. So quanto sia difficile per delusioni precedenti che ancora oggi mi addolorano, ma - per chi ci crede - non esiste altra strada che il darsi da fare.