Il rovello si sta lentamente trasformando, perché per fortuna i temi evolvono e proprio per essere fedeli al proprio modo di pensare non bisogna mai intestardirsi su immutabili posizioni su singoli problemi, ma bisogna essere plastici e indagatori. Così per tanti anni il tema della connessione - nel senso del collegamento di un dispositivo con Internet - è stato al centro delle mia attenzione. Non che la questione sia diventata del tutto secondaria: nella montagnosa Valle d'Aosta esistono vaste zone scoperte da un servizio dignitoso in barba ai roboanti annunci dei fornitori di servizi. La fibra ottica - che poi bisogna capire quali servizi verranno offerti con questa tecnologia - pare essere stata largamente estesa, ma a me, utente finale, ancora sfugge l'esatto vantaggio degli investimenti cospicui.
Esiste in certe cose una cappa di disinformazione che non è mai una bella cosa e più certi dossier sono tali e più si apre il ventaglio dei legittimi interrogativi. Sarebbe ora che sulla Partecipata "IN.VA.", società informatica "in house" della Valle, nata con nobili intenti nel 1988, si accendessero fari grossi come una casa. Ma questa è altra storia, che rientrerà nella riflessione molto valdostana sulle Partecipate pubbliche e la loro ramificazione. Lo scrive l'unico che da Presidente della Regione chiuse una società pubblica inutile e, se avesse potuto, avrebbe proseguito per evitare un dedalo. Ma dicevo del rovello: una volta era appunto il "digital divide" ("fracture digitale" in francese) e anche, per me, il "cultural divide", cioè sono connesso ma non so usare le possibilità del Web per ignoranza nel suo uso e nelle sue possibilità, ora c'è in più uno spettro con cui fare i conti. Si chiama "dipendenza da Internet", nota anche come "Internet dipendenza" (in inglese "Internet addiction disorder", in acronimo "Iad"), è un disturbo da dipendenza ("addiction") legato ad utilizzo intensivo ed ossessivo del Web nelle sue molteplici utilizzazioni. Ormai esistono catalogazioni ancora più minute per distinguere sottoinsiemi della patologia. Non lo scrivo per moralismo o con una logica luddista: ogni progresso della tecnologia ha i suoi pro e i suoi contro e chi pensa di fermare l'evoluzione con proibizioni sfiora il ridicolo. Cosa diversa solo le regole, comprese quelle che noi stesso - per evitare dipendenze - dobbiamo darci in una logica di autoregolamentazione. E' bene dunque riflettere sui rischi e su questa nuova forma di condizionamento, che incide molto non solo sui comportamenti dei singoli ma ha un suo riflesso sociale. In soldoni ha aumentato il rischio che il Web crei una socialità solo artificiale in un mondo virtuale che spegne in qualche modo quello reale. Oggi una vera prova d'amore - ne scherzavo con amici - sarebbe quella di dire alla propria amata potenziale in una situazione romantica, sin dal corteggiamento, «spegniamo i telefonini», torniamo a goderci una nostra solitudine, una situazione di intimità, che ci permette di goderci un momento solo nostro. Per non dire di come le riunioni politiche più delicate, per evitare distrazioni o fughe di notizie, dovrebbero avvenire senza alcun apparato elettronico che turbi l'ambiente e ridia quel senso di riservatezza ormai andato a monte. Bisogna infine staccarsi per evitare di incarognirsi contro gli stupidi da Rete a suo tempo denunciati da Umberto Eco, cui si aggiungono i maleducati saccenti che dialogano, così come troppa maleducazione aleggia, specie per la folle possibilità di celarsi nell'anonimato, che rende leoni da tastiera anche i conigli da vita quotidiana. Ho già profetizzato che un giorno le vere vacanze saranno quelle, come capitava una volta quando da Paesi lontani con le telefonate davamo conto ai nostri cari che non eravamo morti, in cui si potrà asterremo per mancanza volontaria del segnale dal compulsare sul Web e non saremo reperibili (geolocalizzabili) attraverso la vita sui "Social", a vantaggio della vita vera, quella in carne ed ossa.