Capisco che mi capita troppo spesso di questi tempi - come un vizio ormai antico - di occuparmi di politica valdostana, ma cerco sempre di farlo, nei limiti delle mie possibilità, con una visione più generale per non chiudermi in un recinto. Ed anche, seppure non è facile da fare, senza affondare in quella fanghiglia di polemiche che caratterizza il clima generale. Con un ruolo di killeraggio assunto da alcuni, per altro i più mediocri, come capita con chi deve fare lavori sporchi di manovalanza per conto terzi contro i "nemici" che non cedono alla tentazione del conformismo. Leggo spesso il costituzionalista Michele Ainis: lo trovo ficcante e colto, sapendo prendere argomenti difficili in modo originale e con un garbo antico che si fa affilato quando ci vuole.
Scorrevo un suo recente articolo sui destini della Sinistra, ma estrapolando due frasi mi sono ritrovato a pensare a quest'area autonomista valdostana in cerca di una sua identità. Mi hanno mandato su questo - perché sono dubbioso a sbarcare su "Facebook" - qualche post di personalità unioniste del passato che esaltano la ricomposizione tra Union Valdôtaine ed Union Valdôtaine Progressiste come il futuro radioso con argomenti propagandistici degni di miglior causa per un'operazione di potere priva di progetti e di contenuti. Ma torniamo ad Ainis, che sulla perdita d'identità, di scopi, di funzioni scrive questa frase: «Se non sai più chi sei non potrai renderti utile, né agli altri né a te stesso». Ed infine la citazione di un celebre verso di Eugenio Montale, che illumina la scena come un flash: «Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». La poesia è del 1923, "Non chiederci la parola", e Montale (anche a commento con una frase che finisce per essere ironica «Leopardi non si è mai occupato di politica») ha sempre negato una lettura politica di questa parte conclusiva della poesia, anche se certo l'epoca della sua scrittura con eventi pesanti e significativi lo avrebbe ampiamente motivato. Ma rappresenta comunque nell'incalzare del verso finale quelle inquietudini e incertezze così umane da calzare a pennello anche su certe questioni politiche, che sono poi interconnesse al buono o al cattivo funzionamento della democrazia. La mia preoccupazione personale riguarda proprio la consapevolezza di avere un'area autonomista smarrita nelle sue ragioni d'essere. Non a caso, mentre altri pensavano a come dare vita all'ennesimo Governo della Legislatura, mi permettevo di segnalare come sarebbe stato saggio capire bene - e non presi dalla fretta e dalle smanie - le modalità di ricomposizione delle molte diaspore del recente passato, tenendo conto delle nuove energie di altra provenienza e di nuova militanze apparse sulla scena nei diversi soggetti politici, che dovevano compartecipare alla "rinascita". Insomma: sarò ingenuotto, ma ritenevo necessario partire da contenuti, programmi, idee, strategie per evitare che si trattasse solo delle ambizioni degli uni e degli altri e che l'ennesima capriola nelle alleanze accrescesse il senso di disgusto di larga parte dell'opinione pubblica. Quanto invece sta regolarmente avvenendo con buona pace degli innovatori e dei cantori del cambiamento, che stanno facendo le stesse identiche cose di chi prima e prima ancora criticavano, innescando una delusione che condivido, perché da considerarsi alla stregua di un tradimento delle speranze che erano state accese. I voltafaccia non sono letali solo per chi li compie, ma danneggiano tutto il sistema politico ed istituzionale, perché chi è rimasto scottato dai ribaltoni e contro-ribaltoni stenta poi a rinnovare fiducia e impegno. E ciò alimenta la macchina della delusione e fa trionfare qualunquismo e menefreghismo, basi su cui si costruiscono brutte storie. Dunque bisogna ripartire dalle ragioni profonde e dai famosi contenuti, che sono sempre la cosa più difficile, cui segue l'ulteriore difficoltà di trovare punti di equilibrio ed il comune denominatore. E' più facile fare della politica una campagna elettorale infinita, inseguendo in modo affannoso le piste più favorevoli e accendendo speranze caduche, mentre i problemi più gravi ammuffiscono.