In Valle d'Aosta, fra le diverse maniere di prendersi in giro, che hanno per fortuna sostituito rivalità ataviche fra paesi vicini che ancora nella mia giovinezza sconfinavano in qualche scazzottata, c'è il fatto - soprattutto lungo la vallata centrale - sul versante dove si abita. Ricorda "Wikipedia" una fondamentale differenza, che sfugge a chi non ci abita: "Con il termine "Adret" (pronuncia alla francese, "Adré") in Valle d'Aosta si intende la sinistra orografica della valle stessa. La definizione si contrappone con quella di "Envers", ovvero la destra orografica della valle. Il termine proviene dal latino "dirēctu(m)", participio passato del verbo "dirigĕre" ("dirigere"), e dall'aggettivo "dirēct(us)" ("diretto"). Ha per omologhi in francese antico "adrecht", dal latino "ad rēct(um)" ("in linea retta" o "diritto"), "dreit" o "drecht" in provenzale, "dret" in occitano e "dritto", od anticamente anche "destro", in italiano".
"L'adret sta ad indicare il versante della valle maggiormente favorito dall'esposizione al sole - si legge ancora - e dove è possibile avere un'agricoltura più propizia e produttiva. Infatti il termine adret dal patois valdostano significa versante diritto e quindi versante solatio. In alcune zone dei versanti all'adret i raggi solari colpiscono il terreno con una inclinazione che può raggiungere i novanta gradi, cosa che su terreno pianeggiante avviene solo nella fascia tropicale. Il potere calorifico del sole in queste aree è quindi molto elevato e consente il precoce scioglimento della neve, che permane al suolo per un tempo molto minore di quello che ci si aspetterebbe considerando solo l'altitudine e le quantità di precipitazioni nevose". Cambiamo versante e leggiamo: "Con il termine "Envers" (pron. alla francese, "Anvèr"; in italiano "inverso" o "rovescio") in Valle d'Aosta s'intende la destra orografica della valle centrale, solcata dalla Dora Baltea: vista la disposizione Ovest-Est della valle, l'Envers è il versante a sud. In francese lo stesso concetto viene espresso anche dal termine "ubac", termine franco-provenzale derivante dall'aggettivo latino "opacus", con il senso di "opaco", "oscuro", "in ombra". Il termine "envers" in francese significa "inverso" o "rovescio": l'envers indica quindi per estensione il versante svantaggiato di una valle, quello meno favorito dall'esposizione al sole e in cui una buona produttività agricola risulta impedita o ridotta. In italiano, le parti esposte a nord si chiamano popolarmente tra gli agricoltori, specie delle regioni orientali dell'Alto e Medio Adriatico anche Bore, dal nome del vento freddo che spira da nord-est. In alcune zone dei versanti all'envers, i raggi solari colpiscono il terreno con una inclinazione molto bassa arrivando fino a essere paralleli al suolo stesso. Questa bassa inclinazione riduce di molto il potere calorifico del sole e consente in queste aree il permanere della neve sul terreno per un tempo molto maggiore di quello che ci si aspetterebbe considerando solo l'altitudine e le quantità di precipitazioni nevose. Del resto, a parità di precipitazioni l'enver non soffre dei problemi di aridità che hanno a lungo caratterizzato e talvolta caratterizzano l'adret, e che hanno portato nei secoli allo sviluppo del sistema di canali dei ru". Insomma, quelli che sono in ombra hanno almeno più acqua e non hanno dovuto faticare per enormi opere di canalizzazione, i "ru". Ci riflettevo rispetto ad una questione curiosa, così evocata - come premessa - qualche tempo fa da Flaminia Giurato su "La Stampa": «Viganella, fino al gennaio scorso, è stato un piccolo comune con poche centinaia di abitanti della provincia del Verbano Cusio Ossola. Oggi, insieme a Seppiana, forma il nuovo comune di Borgomezzavalle. Ma, una decina di anni fa, divenne una località famosa balzata agli onori internazionali. Qui, infatti, a causa di una montagna che non permette il passaggio dei raggi solari, la località sta al buio per tre mesi l'anno, dall'11 novembre al 2 febbraio. Questo tipo di situazione è normale per chi vive vicino al Polo Nord o comunque nei Paesi Scandinavi, ma nessuno penserebbe di trovarla in Italia. Ecco, quindi, che Viganella viene definita anche come la Siberia Italiana». Ieri, invece sullo stesso giornale, è tornata sul tema Cinzia Attinà: «Svegliarsi la mattina e non vedere il sorgere del sole. Accadeva tutte le mattine per 83 giorni l'anno agli abitanti di Viganella, frazione di Borgomezzavalle, in un angolo dell'ossolana valle Antrona. A San Martino salutano l'astro con un arrivederci a inizio febbraio. E' stato così per secoli, e di fatto lo è ancora adesso, ma undici anni fa un intuito dell'allora sindaco di Viganella Pier Franco Midali e del progettista Giacomo Bonzani ha riportato un raggio di sole nella piazza del paese». Avevo messo da parte, a inizio mese, un articolo su "Io Donna" del "Corriere della Sera" di Michele Farina, che raccontava la storia in modo più approfondito, come può avvenire su un magazine: «Nell'ombra della cucina tira fuori un librone rosso, con il titolo dorato: "Sol Omnibus Lucet". Lo apre, lo sfoglia con orgoglio mentre la moglie Paola prepara il caffè: articoli in giapponese e paginate made in China, le foto dell'incontro con l'inviata di Al Jazeera, la volta che venne il console spagnolo. Chiaramente, il giornalista che è arrivato fin qui risalendo i tornanti della valle Antrona non può sperare in uno scoop. Il sole di Viganella ha già illuminato tutto e tutti. Il raggio riflesso di quello che Pier Franco Midali definisce "uno specchietto per le allodole" ha già fatto il giro del mondo. E' questo brizzolato macchinista ferroviere, sindaco per due mandati a cavallo del millennio, ad aver prodotto la prima scintilla che ha portato il sole d'inverno in questo angolo di valle buia, e il nome di Viganella nelle grandi praterie di Google». Come si è capito, come in alcune zone dell'envers valdostano, il sole sparisce, ma l'articolo spiega l'arcano: «Un occhio ciclopico unico al mondo (l'ha detto anche la "Bbc"), copiato dagli ingegnosi norvegesi. Uno specchio di otto metri per cinque, regolato da un computer, che sarebbe piaciuto ad Archimede. Dalle 9 alle 15, a partire dal giorno di San Martino, vi rimbalzerà la luce solare: un motore farà ruotare lo specchio in senso inverso al movimento della Terra, in modo tale da mantenere sempre fisso il riflesso del sole che arriva giù come un occhio di bue sulla piazza buia del paese. "Tutto è cominciato da quella meridiana disegnata sul muro", racconta Pier Franco. "Vede la linea tratteggiata? E' il sole che non c'è durante l'inverno". Assurdo costruire un orologio solare in un posto che rimane senza sole per tre mesi all'anno. Da lì è nata la folle idea: "Se non c'è, lo portiamo". All'inizio la gente era scettica. "Allora sono salito su in alto con uno specchio nello zaino". Gli abitanti riuniti nella piazza della chiesa aspettavano dubbiosi un segnale. E dal promontorio il segnale è arrivato: con un semplice specchio il riflesso del sole si vedeva eccome. Il resto è storia. Il progetto, gli ingegneri, i soldi: 99mila euro ottenuti fra bandi e finanziamenti provinciali. Viganella è diventata famosa, nel mondo più ancora che in Italia"». Sarà una storia che fa sorridere, per l'ingegnosità del vecchio sindaco, ma fa venir voglia di dire a qualche paese senza sole della nostra di Valle: perché non ci pensate, visto che oltretutto questo raggio di sole nella piazza del paesino della vallata piemontese è diventato un'attrazione turistica?