La ripresa post estiva sconta ancora una certa lentezza nella ripartenza, anche se talvolta cova il fuoco sotto la cenere. Ma c'è da prevedere che l'autunno porterà, come sempre, elementi che renderanno assai dinamica la situazione in Valle e, in più, l'approssimarsi dei due appuntamenti elettorali - politiche e regionali - renderanno il clima ancora più particolare, temo al calor bianco su qualche punto. So che è sempre difficile scrivere di politica, perché per farlo con serenità ci vorrebbero due condizioni. La prima è che ci sia chiarezza nel mondo della politica, in ossequio ai grandi discorsi sulla trasparenza e la partecipazione, mentre anche nella piccola Valle d'Aosta c'è troppa nebbia che avvolge lo scenario è questo crea preoccupazione perché un conto è una necessaria riservatezza in passaggi decisivi, un conto è profittarne per rendere oscuri i disegni.
La seconda è che questa sensazione diventi oggetto di una crescente ostilità dei cittadini, che seguono scocciati certe vicende che sono difficili da capire e danno della politica l'immagine di un luogo in cui si fa e si disfa come se nulla fosse, specie rispetto alla proclamata volontà popolare, che poi in democrazia passa attraverso il legame pattizio all'atto del voto. «I nostri uomini politici non fanno che chiederci a ogni scadenza di legislatura un atto di fiducia. Ma qui la fiducia non basta: ci vuole l'atto di fede». Così si esprimeva il terribile giornalista Indro Montanelli, che è lo stesso che inventò la formula del «meno peggio» in politica con il famoso invito a votare «turandosi il naso». Trovo che questa questione della fiducia dovrebbe essere applicata alla tanto discussa riaggregazione dell'area autonomista. Argomento che occupa la scena, ma con l'impressione personale che il grande e condivisibile disegno sia ora piegato non a grandi visioni di prospettiva ma a questione di bassa cucina più immediate. Per questo non mi pare che "l'atto di fede" sia possibile e bisogna proprio fare in modo che questa famosa fiducia sia l'atto di partenza di un viaggio condiviso. Senza pensare, invece, che ci siano al volante alcuni che non vedono l'ora di portarci in giro con destinazione già decisa altrove e mai concordata. Sarò malizioso, forse, ma resta buona, invece, la via di una riunificazione del mondo autonomista che avvenga con i meccanismi e con i tempi giusti ed i famosi "Etats généraux des Autonomistes" potrebbero essere un percorso da seguire per capire contenuti e tappe da seguire. Compresa la perimetrazione dell'area autonomista per evitare che sia un'Arca di Noè con tutti a bordo. In più aggiungerei un piccolo richiamo ai meccanismi di partecipazione, perché lo sforzo di coinvolgimento oggi non può limitarsi all'una tantum per poi chiudere l'operazione con una serie di oratori sul palco. Il segreto forse sta nel chiedersi in senso più largo possibile quali sia la corrispondenza fra la realtà attuale e l'insieme di idee costruite nel tempo attorno a quella che potremmo definire "valdostanità". Per evitare l'impressione che ci sia un baratro fra quanto c'è e l'immagine che vorremmo ci fosse di noi, proprio per evitare elementi che finiscano per artificiosi. E questo spedirebbe l'Autonomia in un mondo fittizio, mentre i problemi da risolvere sono veri e i cittadini in carne ed ossa. Oltre alla fiducia, ci vuole la verità per avere una Specialità certo condivisa ma mai museale.