Valle d'Aosta giugno 2017: quando le cose si complicano, un primo requisito è imparare a mantenere la calma e ragionare, evitando di fronte a certe situazioni - come avviene con clamorose vicende giudiziarie verso la politica - l'uso dell'arma più semplice, quella della rozzezza. Purtroppo questa è l'aria dei tempi, in cui persino gli insulti paiono essere da sdoganare con fierezza, perché purtroppo il clamore fa gioco. Questa sottolineatura non significa affatto proporre sconti per nessuno, pensando a chi segnalò per tempo gli esiti possibili di certi dossier ora esplosi e fu tacciato di essere una Cassandra rivendicativa e zittito con il solito «lasciateci lavorare». "Mors sua, vita mea". Talvolta un motto medioevale così ruvido, che sostiene in sostanza come il fallimento di uno costituisca requisito indispensabile per il successo di un altro, sembra calzare a pennello per la politica. Anche se personalmente credo che si debba sempre poter misurare le cose sui meriti propri che sui demeriti altrui.
Ho visto a Roma e ad Aosta vicende giudiziarie che hanno comportato cambiamenti forti: sono stati i tempi della Storia, assieme naturalmente alle sentenze definitive, a dare spesso maggior chiarezza su fatti e circostanze. Per cui ci vuole misura e inquadrare i fatti dei singoli in vicende più vaste, che si riflettono sui problemi collettivi. Ci pensavo in queste ore, in cui si abbatte un tornado sulla politica valdostana per una serie di finanziamenti e problemi di bilancio legati al sistema "Casino de la Vallée" in crisi nera. Della gravità della situazione dissi tutto già anni fa, quando si ostentava sul futuro un ottimismo ingiustificato e posticcio. Le posizioni personali emergenti dalle inchieste saranno affrontate dai giudici delle diverse giurisdizioni sino all'ultimo grado di giudizio e solo allora si potrà parlare a pieno titolo. La presunzione d'innocenza, pur da adoperarsi con buonsenso, resta un caposaldo, da non usare distinguendo caso per caso amici e nemici, secondo le convenienze. Ma intanto quel che emerge, anche dai titoloni sui media nazionali, è un'immagine complessiva - senza troppi distinguo - che colpisce la credibilità della Valle d'Aosta ed ogni generalizzazione preoccupa, perché - mai come ora - va difesa la sostanza della serietà dell'Autonomia valdostana. E' bene distinguere il patrimonio autonomistico, le sue idee e la sua spinta ideale, da quanto invece porterebbe - a torto o a ragione si vedrà - ad approfittare della situazione per fare di ogni erba un fascio, anzi uno sfascio. Ci sono molti sciacalli pronti a banchettare su di un eventuale cadavere del nostro ordinamento politico ed i tamburi di guerra risuonano più forte, quando esistono situazioni facili da sfruttare. Non è una difesa d'ufficio e men che meno un vittimismo cospirativo, ma la necessità di ribadire che la Valle d'Aosta non può essere oggetto indiscriminato di generalizzazioni sulla Politica e sul'Amministrazione. Confesso - lo ripeto - come quanto avviene obblighi a capire più in fretta possibile gli scenari, così come contestati sulla base di quanto già in molto denunciammo, ma nel contempo bisogna fare in modo che non sia l'Autonomia nel suo complesso a patirne conseguenze potenzialmente irreversibili. Certo qualche cosa non funziona nel "sistema valdostano" sotto il profilo politico e amministrativo, così da creare punti deboli e criticità. Se la situazione è questa ci sono responsabilità su cui riflettere, ma c'è un malessere più profondo, che obbliga tutti a ripensamenti e al rilancio - per chi ci crede - del pensiero autonomista. L'autogoverno costringe ad elementi suppletivi di coscienziosità e dirittura morale e ciò non è appannaggio degli uni o degli altri, ma è una discussione di fondo da aprire con senso della misura e assennatezza per cambiare e riformare. Com'è appunto necessario fare in momenti difficili, senza perdere tempo.