Le attività minerarie in Valle d'Aosta sono state, tra alti e bassi a seconda dei prodotti estratti dal sottosuolo nelle varie epoche con miniere che aprivano e chiudevano, una spina dorsale dell'economia valdostana con piccoli e grandi giacimenti, dovuti beninteso alle straordinarie e lentissime modificazioni geologiche, che hanno creato questo nostro angolo delle Alpi con ricchezze mineralogiche varie e entusiasmanti per chi ne capisca qualcosa. Oggi - non essendoci più attività estrattiva in galleria - una parte di questo patrimonio, prima che fosse troppo tardi, viene adoperato - prevalentemente grazie a fondi comunitari in parte dei quali ho avuto qualche responsabilità - per visite a scopo ricreativo e didattico, perché certi luoghi di un lavoro duro e gramo del passato possano essere, in uno strano avvicendarsi nell'uso, riproposti a beneficio di un turismo culturale di qualità.
Conosco abbastanza bene - anche grazie ad un'escursione in passato - la situazione delle famose miniere di ferro di Cogne, le più vaste e le più attrattive e che dovrebbero essere finalmente valorizzate con progetti a breve e a lungo termine, dopo la cessione al Comune. Ho visitato la miniera d'oro sopra Brusson con interessanti scelte architettoniche di valorizzazione del sito. Giorni fa ho visitato la vasta area, situata nel Comune di Saint-Marcel, del sistema del "Parco minerario" di Chuc e Servette, che chiuse le attività residue nel 1957. Il luogo è straordinario, anche se è scarsa per ora la segnaletica che indichi il luogo di partenza delle escursioni a Druges, da dove in due orette - con la visita guidata - si può godere di questa Valle di Saint-Marcel, coronata da montagne simboliche come la Punta Tersiva ed il Monte Emilius in mezzo a quelle conifere ricresciute dopo che i boschi nei secoli erano diventati combustibile attraverso carbonaie apposite per le lavorazioni del rame estratto da parte delle miniere. La zona di origine oceanica (la giurassica Tetide) è stata poi sconvolta dallo scontro e dai suoi esiti fra la placca europea e quella africana, che vengono illustrati nella loro vivezza attuale, pur frutto di cambiamenti che se confrontati alla nostra vita fanno di noi un soffio nel tempo. Le fonderie ancora presenti in ruderi (specie quelle note come Trèves) mostrano come funzionasse la lavorazione del rame con fumi che ammorbavano tutta la zona, completata dalla visita di discariche delle scorie residue. Ma le miniere furono adoperate anche per l'estrazione della zolfo, dell'acido solforico, dei solfati e dei fertilizzanti. Da notare, quando si pensa all'uso della ferrovia per i trasporti, che nel Novecento materiale estratto finiva via rotaia alla "Brambilla" di Verrès per la lavorazione ed è quanto, per il carbone di La Thuile, avveniva sulla "Aosta - Pré-Saint-Didier"! Sono ben evidenti, nella parte visitabile delle miniere (la zona più importante delle gallerie è ormai scomparsa in una zona franosa di sfasciume), una teleferica per il trasporto della pirite estratta e parte di quei carrelli su rotaia necessari per trasportare il materiale, che in passato scendeva a valle attraverso una slittinovia. Interessanti le polveriere protette da gabbie di Faraday e l'alloggio del custode. L'ultimo fu tale Léonard, che una leggenda immaginifica sostiene fosse convinto di essere stato ingaggiato come "guardiano del faro", ma una macchia sul contratto gli avesse impedito di leggere che era invece "guardiano della polvere da sparo", ma quel "ro" lo fregò. Così come è molto interessante l'insieme - in parte ricostruito - dei caseggiati per i minatori, specie quelli che, come i "bergamaschi", non facevano i pendolari arrivando da distante ed era invece - lì vicino - il caso dei lavoratori che abitavano nelle frazioni sulla stessa montagna. Le gallerie sono naturalmente, con la possibilità di visitarle in parte, l'aspetto più interessante, compreso il cunicolo dove venivano da epoca antica tratte delle macine da mulino in pietra, usate in Valle per i cereali ma anche esportate in località della Pianura padana. La miniera romana, dove le misure di sostegno delle volte in pietra erano inesistenti, ma tanto a lavorarci erano cinicamente degli schiavi..., danno il senso della profondità storica, come dimostrato anche dal rinvenimento, in fase di studio, di una villa romana d'alta quota. E' davvero importante che questo patrimonio storico e culturale possa essere ancora visibile e studiabile attraverso un pur parziale ma accurato lavoro di riutilizzo e di valorizzazione. Ne esce un quadro che mette assieme i soliti due elementi: la straordinaria storia naturalistica dell'ambiente alpino ed il sovrapporsi delle attività umane, che fanno anche dei luoghi oggi apparentemente selvaggi l'esempio di come i montanari - talvolta piegati alle esigenze economiche di chi veniva da fuori senza troppi scrupoli - avessero alla fine vissuto con intensità ogni angolo possibile sotto le vette delle loro montagne.