Capisco che le celebrazioni hanno il limite di scadere nella ripetitività e in certi casi - vedi "1° Maggio" - si perde quell'afflato collettivo che in certi tempi faceva da collante almeno in certi milieu sociali. Ricordo da bambino certe manifestazioni operaie o studentesche, che oggi sarebbe impensabili. Oggi è pieno di militanti da tastiera più che da comizio o da corteo, ma non è certo la stessa cosa. Adriano Olivetti fu un industriale illuminato ed un federalista nel nome di Comunità e disse del Lavoro una cosa molto semplice: «Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo».
In realtà la situazione italiana e pure valdostana - un tempo "isola felice" nelle graduatorie dei tassi d'occupazione - non consente oggi di poter affrontare così il problema, perché prima ancora della qualità del lavoro oggi soffriamo di tassi di disoccupazione che mostrano un problema di quantità per soddisfare tutte le richieste. Ciò stride con la necessità di dare stabilità e anche di far marciare quell'economia locale che poi, con il riparto fiscale, alimenta le casse regionali e garantisce quel livello di welfare valdostano, che da alcuni anni vacilla e ciò preoccupa per il futuro. E un dato che colpisce in Valle d'Aosta è la disoccupazione giovanile, quella dei laureati e anche una situazione di sottoccupazione di persone che in certi settori si trova con paghe che non consentono di vivere con serenità. Vittorio Messori, scrittore di area cattolica, ha scritto e stupisce il parallelo: «Chiesero un giorno a Sigmund Freud di sintetizzare la sua "ricetta" per difendere l'uomo dai mali oscuri che affiorano dal profondo. "Lieben und arbeiten", "amare e lavorare" fu la risposta del fondatore della psicoanalisi. E', guarda caso, la stessa formula proposta all'uomo dal Nuovo Testamento, che pone al centro del suo messaggio amore e lavoro». Trovo che sia una considerazione giusta, cemento di una comunità e serenità di quella Famiglia che, pur composita, resta un caposaldo senza il quale non si può andare da nessuna parte. Da noi però questa dimensione dell'Amore da noi non c'è, mentre esiste in Francia, dove protagonista è un fiore, il mughetto. Così si racconta su "Le Figaro": «Le 1er mai n'est pas que le jour de la fête du travail, c'est aussi celui où l'on offre des brins de muguet aux personnes que l'on aime. Cette tradition ne date pas d'hier. Dans la Rome antique, les célébrations en l'honneur de Flora, déesse des fleurs, atteignaient leur apogée le 1er mai. Les Celtes célébraient le début de l'été le même jour. Ils érigeaient un arbre autour duquel ils dansaient pour chasser les mauvais esprits. Ils accordaient par ailleurs au muguet des vertus de porte-bonheur. En 1560, le roi Charles IX, en visite avec sa mère Catherine de Médicis dans la Drôme, se vit offrir par le chevalier Louis de Girard de Maisonforte un brin de muguet, cueilli dans son jardin à Saint-Paul-Trois-Châteaux. Dès le 1er mai 1561, le roi se met alors à distribuer des brins de muguet aux dames de la cour en leur disant: "Qu'il en soit fait ainsi chaque année". La coutume était née».