La quotidianità di ciascuno di noi finisce per essere legittimamente assorbita da mille gesti ripetitivi e da una giusta dose di gioie, quando possibile, e di rotture di scatole, quando arrivano. Discutere di massimi sistemi va bene, ma esiste una necessità: fare in modo di vivere il meglio possibile ed avere problemi risolti e pochi grattacapi aggiuntivi a quelli che già si manifestano da soli. Eppure, gira che ti rigira, alcuni interrogativi importanti alla fine bisogna porseli, perché anche il più misantropo fra di noi deve confrontarsi - a meno che non stia chiuso davvero in un eremo - su temi mica da ridere, come il futuro della comunità in cui vive con annessi e connessi. Per cui mi permetto di chiedermi: «su cosa poggia la Politica?». Oggi verrebbe da dire «su poca cosa», visto che esiste una scarsa considerazione di chi la pratichi, generalmente non dicendolo agli interessati, in loro presenza.
Oggi che sono personalmente in una "terra di mezzo" - la politica ha rappresentato la mia vita per venticinque anni, ma dal 2013 me ne occupo solo per passione - mi godo una parziale immunità, che mi consente in parte di osservare - come fa un entomologo con gli insetti - questo fenomeno quasi scientifico di incomprensione sino al disprezzo - secondo una certa gradualità di sentimenti - per chiunque finisca per occuparsi di politica. Rara avis chi si salvi da una condanna collettiva in un girone dantesco dove giacere. A poco serve cercare di spiegare che generalizzare è sbagliato e che - argomento principe - non è che i politici spuntino la notte come i funghi, ma sono votati dai cittadini per ricoprire i loro ruoli. Quando non vanno bene, basta cambiarli alla prima occasione e se si comportano male, fino a compiere dei reati gravi, non ci vuole pietà, come capita nei Paesi civili dove l'indegnità a ricoprire cariche pubbliche precede il codice penale ma si basa già su comportamenti dubbi. C'è un "però" ed è la constatazione ben visibile di come spesso i cittadini cadano vittima di fascinazione non di chi legittimamente e con le carte in regola voglia fare la sua parte. Ma ci sia invece un'autostrada aperta per chi al posto di parlare alla testa parla agli intestini, di chi grida e insulta, di chi critica in modo violento e poi casca come una pera quando gli tocca fare delle proposte per risolvere i problemi. Per cui - io l'ho visto - il rischio di certi incantamenti fra populismo, demagogia e ignoranza è di finire dalla padella alla brace con una democrazia che finisca sull'orlo del baratro, da cui poi risalire non sarebbe per niente facile. Ho già più volte rimarcato come discutere il suffragio universale sarebbe roba da manicomio, ma sia chiaro che la cittadinanza consapevole e informata dovrebbe essere la normalità proprio per evitare di farsi abbindolare. Scriveva Norberto Bobbio: «Non vi è cultura senza libertà, ma non vi è neppure cultura senza spirito di verità. Le più comuni offese alla verità consistono nelle falsificazioni di fatti o nelle storture di ragionamenti». In questo senso studiare per capire, confrontarsi per cercare la soluzione migliore, scegliere persone pronte al dialogo, formare i giovani per il domani. Dovrebbe essere la norma in politica, ma si sa come non sempre sia così. E' più che mai necessario, invece, far sempre prevalere il senso della speranza. Con Nelson Mandela: «Possano le tue scelte riflettere le tue speranze, non le tue paure». Di questi tempi è un gran bel viatico.