Sali e scendi dalle tante esperienze della vita e appare chiaro come valga la pena di non fermarsi mai nel troppo indugiare sul passato, che pure a me piace moltissimo rievocare ma mi auguro senza mai cadere nella trappola di una nostalgia retrograda. Claudio Magris, che vive in quel mondo mitteleuropeo che ha storie sovrapposte ricchissime di memoria, dice una cosa giustissima: «La vita può essere compresa solo guardando indietro, anche se dev'essere vissuta guardando avanti - ossia verso qualcosa che non esiste». Questo a me non dà per nulla un horror vacui, anzi semmai l'idea di una pagina bianca su cui poter scrivere è qualcosa che ti può dare molte energie, nate da quel motore potente che è la speranza.
Bisogna tuttavia trovare una giusta prospettiva per farlo e sapendo quante variabili ci siano a regolare l'orologio che scandisce il nostro tempo. Sapendo in più - beninteso - che sulla schiena portiamo uno zaino pieno di cose, che fanno parte della nostra memoria e ci sono esperienze che possono tornare utili come utensili da usare alla bisogna. Capita così di riflettere sul fatto che susciti stupore che esistano ancora luoghi fisici dove la discussione si sviluppi dal vivo, esercizio che ho praticato con gusto in numerose occasioni, notando tuttavia come la l'esercizio - anche ma non solo in politica - si stia in qualche modo rarefacendo. Siamo talmente abituati a incontri con oratori e pubblico disciplinatamente separati da non capacitarci che ci possa essere osmosi fra le due figure e di conseguenza saltare la logica di ruoli, chi di là e chi di qua. Siamo talmente abituati che certi incontri politici prevedano copioni precotti e silenzi di chi ascolta perché tanto tutto è già stato deciso da restare straniti se tutto non si svolge secondo copioni già scritti. Siamo talmente abituati che ci si rifaccia agli artificiosi confronti sui "social" da stupirci di quanto sia ricco il rapporto vis à vis rispetto al pur utile cicaleccio delle varie chat in cui per altro appaiono anche cuor di leone nascosti dalla maschera dell'anonimato. Mi viene in mente quella frase di Desmond Morris - l'inventore dell'espressione «scimmia nuda» - quando dice: «Noi non agitiamo la mano, non strizziamo l'occhio e non indichiamo qualcosa col dito se non c'è qualcuno con noi; a meno che, naturalmente, non abbiamo raggiunto l'insolita condizione di parlare animatamente con noi stessi». Ci pensavo rispetto a questa nuova esperienza di "MOUV'", Movimento d'opinione di cui sono uno dei fondatori. Le obiezioni principali di alcuni sono: ma davvero con tanti partiti e partitini ci voleva qualcosa di nuovo? Ha senso in un mondo valdostano piccolo piccolo fare l'ennesima divisione dell'atomo alla ricerca di chissà quale neutrini politici? Serve forse tutto ciò a rincuorare l'ego di politici a caccia di spazi da riottenere o da occupare? Tutto legittimo, anche perché se nasce qualcosa di nuovo è evidente che qualche spazio altrui lo si occupa, che siano di forze politiche preesistenti o aree di cittadini da strappare a quella "non politica" che è l'astensionismo. Così com'è ovvio che ci siano coloro che criticano ogni esperienza nuova, osservandone in buona e cattiva fede gli eventuali aspetti negativi. Per altro buona regola è farsene una ragione e reagire avendo la capacità di essere all'ascolto, perché solo così si può affinare in modo credibile l'idea che qualche cosa di nuovo possa animare una sorta di rinascita della partecipazione politica. Senza pensare in modo velleitario a qualche cosa di mirabolante, avendo coscienza dei limiti di ogni possibile ambizione. Ma questa idea di un cantiere di discussione, in cui costruire idee e progetti in modo artigianale mi piace, se si potrà arrivare sino in fondo.