Sono stato nelle scorse ore con mia moglie e con i miei figli a Bruxelles e mi auguro di fare la stessa cosa più avanti su Roma. E' stata una gita piacevole, per nulla nostalgica, in quei luoghi che conosco per averci lavorato nei ruoli pubblici che ho ricoperto. Sono in genere un pochino restio a tornarci, perché ho sempre pensato che nella vita ci siano porte che si chiudono e porte che si aprono e limitarsi ad indulgere su quanto c'è stato in passato è sotto diversi aspetti superfluo, specie se reducistico. Tuttavia non bisogna neppure buttarsi via nel vivere il presente, come talvolta mi è capitato in questi anni, mettendo la sordina alle mie esperienze pregresse nell'idea di aiutare e supportare altri in politica in un gioco di squadra, cui credo, ma che in quel caso non si dimostrò tale.
Penso che certe situazioni obblighino a metterci la faccia ed a non delegare ad altri in nome di chissà quale logica di rinuncia. Il futuro non si può decidere, ma non ha neppure senso cedere alla comoda tentazione di assistere in Valle d'Aosta all'emergere di una serie di problemi sempre più gravi, su cui è un dovere dire la propria e sarebbe un esercizio scarsamente consolatorio ribadire che ci sono stati momenti in cui le cose andavano nettamente meglio. La memorialistica ha i suoi tempi e non contraddice comunque la necessità di dare il proprio contributo su temi attuali, specie quelli più scottanti, rispetto ai quali c'è chi si perde in problemi di metodo, che risultano stucchevoli, quando l'aspetto più eclatante è dato ben di più dal loro contenuto. Idem per "il cambiamento", quando diventa una giustificazione, senza intaccare la sostanza dello status quo, per prendere un posto oggi occupato da altri. Talvolta mi ha salvato da certi dispiaceri in politica il senso dell'umorismo, autoironia compresa e lo preciso perché ci sono delle volte in cui scherzo dal vivo o per scritto e vengo preso terribilmente sul serio: ci vorrebbero delle apposite vitamine che consentano di vivere con il sorriso anche alle persone che si prendono troppo sul serio. Dunque, dunque: sarebbe roba da sotterrarsi anzitempo da soli se, nel corso della nostra vita, avessimo ad un certo punto l'impressione di essere percepiti o di sentirci noi stessi come una "minestra riscaldata", cioè qualcosa o meglio nel caso qualcuno che è ormai sorpassato e perciò sarebbe inutile - direi meglio velleitario - far rivivere ciò che ha perduto validità. Ci pensavo in questi giorni in cui - come semplice cittadino pur con trascorsi politici, che penso non siano ancora una colpa grave - ho deciso di far parte di un gruppo di persone che accarezzano l'idea di fare qualcosa in Valle d'Aosta e rifuggo dal termine "nuovo", perché abusato nel lessico politico. Nel mio caso mi metto in gioco per quel che posso fare: i fatti sono che ho accumulato in molti anni esperienze varie, che mi hanno consentito di imparare molto e mi piacerebbe trasferire questo mio bagaglio a chi è più giovane e utilizzarlo ancora in prima persona in questa fase di incertezze per la comunità cui appartengo, visto che in politica non ci improvvisa e le conoscenze non sono un disvalore e anche questo, se mi si consente l'osservazione, è un fatto. Poi naturalmente valgono le opinioni - buone o cattive - su come io abbia fatto il mio lavoro e ciò fa parte del diritto di critica. Per il futuro bisogna far squadra con chi ci sta, perché davanti ci sono tanti appuntamenti cui corrispondere appunto non solo con l'esperienza ma anche con risposte non ripetitive rispetto a problemi nuovi da affrontare, che si affacciano con l'accelerazione dei cambiamenti e con scenari che irrompono d'improvviso.