Nevica al Sud ed al Centro Italia e così si vedono immagini incredibili di località in genere assolate - persino le spiagge! - coperte dalla neve con un effetto paradosso che spiazza. Nei commenti da bar (scusate, da "social") ci sono di conseguenza quelli che criticano le basi della teoria del riscaldamento globale, facendo vedere che - come volevasi dimostrare - il freddo arriva dove generalmente fa più caldo. «Elementare, Watson». Ieri su "La Stampa" Luca Mercalli, dall'alto della sua competenza sul Clima, spiegava invece come la bizzarria dimostra semmai il contrario e ne cito il passaggio chiave: «Le regioni adriatiche e meridionali, benché in media più calde di quelle settentrionali, si imbiancano grazie a temporanei afflussi d'aria continentale molto fredda, proveniente in genere dalla Russia, irruzioni che anche in questi ultimi inverni divenuti più miti riescono ancora a far scendere i termometri sotto zero anche in riva al mare».
«Al contrario in Valpadana - continua Mercalli - dove le nevicate sono generalmente originate da perturbazioni atlantiche o mediterranee, a causa del recente addolcimento degli inverni di circa un grado centigrado, lo scirocco trasforma quasi sempre la neve in pioggia confinandola a quote superiori ai mille metri. La quantità media annua di neve fresca in Pianura Padana si è così dimezzata negli ultimi trent'anni. Ecco perché oggi è quasi più facile veder nevicare a Chieti che non a Torino! Singoli e isolati episodi freddi come quello in corso non smentiscono purtroppo l'aumento delle temperature a scala mondiale. Proprio perché fa più caldo non ci siamo più abituati, e ogni volta ci stupiamo di più». Sempre su "La Stampa" è uscito un articolo del giornalista Max Cassani, che riflette con una certa ruvidezza sul futuro del turismo invernale e il tema è interessante, pensando a due circostanze. La prima è che alla mancanza di neve naturale è corrisposto - per chi è riuscito aprire i comprensori con neve artificiale - un buon successo e talvolta persino una ripresa dello sci: il quotidiano "Il Trentino" titolava ieri "Niente neve? Sciatori boom". La seconda è che ciò avviene mentre in Valle d'Aosta si parla di megacompresori impiantistici con nuove liaison fra Cervino e Monte Rosa e fra Cogne e Pila. Ma ecco Cassani: «Hanno voglia località turistiche e operatori alpini a ripetere che si scia benissimo nonostante la penuria di fiocchi, e che grazie all'innevamento "programmato" le piste sono perfette. La verità è che sciare senza neve non ha lo stesso sapore. E nemmeno lo stesso colore. Scendere su quelle strisce bianche che tagliano paesaggi spogli e brulli è triste. Triste e contronatura». Poi l'affondo: «Oltretutto l'innevamento artificiale (chiamiamo le cose col loro nome: la neve naturale è quella che scende dal cielo non quella sparata dai cannoni) è poco compatibile per l'ambiente, e alla lunga rappresenta un costo insostenibile. E allora che fare per salvare l'industria turistica invernale? Semplice: ci si deve rassegnare ai ritmi della natura, che non si può certo cambiare checché ne pensi qualcuno. Come? Intanto rassegnandosi al fatto che l'inverno si è spostato in avanti di un mese, con nevicate abbondanti solo da gennaio in poi. E poi rivedendo le strategie di marketing». Ed ecco la proposta: «La montagna d'inverno non è (più) solo piste da sci: su "La Stampa" lo scriviamo da sempre. Il modello "montagna uguale sci" è fallito da tempo. Chi non ha saputo adeguarsi ai tempi (e al meteo) che cambiano, oggi si lecca le ferite. Ora più che mai la montagna va vissuta, e di conseguenza promossa, a 360 gradi. In quota c'è la neve ma anche tanto altro: gastronomia tipica, terme, benessere, attività outdoor, arte, cultura». Infine la parte ancora più articolata: «Negli ultimi anni per sopperire alla crisi domestica località e consorzi alpini hanno puntato più che altro ad attirare clienti stranieri: russi, scandinavi, inglesi, giapponesi. Persino brasiliani e arabi. Ma da solo il marketing esterofilo non basta. La soluzione va trovata prima di tutto a casa propria, creando esperienze alternative allo sci che attirino un turismo il più variegato possibile: né solo sportivo né solo glamour. Differenziare e destagionalizzare l'offerta rendendola accattivante ed emozionante per tutti: questa è la ricetta. E soprattutto, oltre a invocarlo come un mantra, bisogna che gli operatori si decidano una volta per tutte a fare sistema. Senza più rivalità e campanilismi di valle». Il tema non è in effetti nuovissimo e personalmente penso che ci sia del vero in quanto scritto, ma bisogna avere una qual certa cautela su alcuni aspetti. Che ci fa ragionare sul "non solo neve" e è indubbio, ma è illusorio pensare che le Alpi d'inverno possano fare davvero a meno dello sci, che resta la principale motivazione che sposta milioni di persone. Bisogna certo sperare - e non solo per il Turismo ma per una risorsa essenziale come l'acqua - che la siccità così accentuata di questa stagione resti un'eccezione, ma bisogna considerare che l'innevamento artificiale alle quote elevate, dove per via delle giuste temperature si possono far funzionare i cannoni, è ormai indispensabile per alimentare un'attività senza la quale l'economia alpina riceverebbe un colpo mortale.