Ragionare con qualche certezza sui tempi della nostra vita non è un esercizio nelle nostre mani. Ciò non vuol dire naturalmente cedere a logiche di lasciarsi vivere o di stare sempre sul chi vive per i molti aspetti indeterminati cui siamo legati, qualunque sia la visione religiosa o filosofica che regge i nostri comportamenti. Bisogna farsene una ragione, tanto ci sono passaggi e circostanze che prescindono dalle nostre speranze e di cui possiamo essere osservatori o protagonisti, secondo le circostanze. Questa è la vita nostra e di tutti quelli che ci stanno attorno, compresi quelli a cui vogliamo bene. I cugini sono, fra i parenti, quelli con cui abbiamo in genere maggior affinità per una questione di vicinanza anagrafica e per frequentazioni giovanili che seguivano quelle dei nostri genitori.
Ne ho un grande ricordo e pure la fortuna che una parte di quella vita fra primissima infanzia fino alla giovinezza sono nelle fotografie del tempo e nei filmini che mio papà girò per molti anni. L'aspetto singolare nel mio caso è che da parte materna e da parte paterna eravamo tutti maschi, con la sola eccezione di una cugina - Augusta, purtroppo scomparsa non molto tempo fa - con cui c'era una grande differenza di età. Questa logica al maschile aveva poi un'ulteriore specificazione. I cugini di Aosta - lato fratelli e sorella di mio papà - li incontravo in feste comandate, in occasione ad esempio del Natale, ma anche d'estate a Pila nella baita della zia Eugénie. Robert e Paolo, entrambi avvocati come da tradizione familiare, non ci sono già più ed è uno dei segni - il più doloroso - del tempo che trascorre implacabile e ti fa perdere pezzi della tua storia personale. Gli altri cugini - figli delle sorelle di mia mamma, Floriana ed Agostina - abitavano da bambini a Pont-Saint-Martin, ma con loro la grande frequentazione era d'estate a Imperia, di cui appunto è originaria mia mamma. Assieme a mio fratello Alberto, ne abbiamo passate tante assieme al cugino più grande Giusi, a Franco e a Luca, il più giovane fra di noi. Anche se poi le circostanze della vita ci hanno allontanati da quella familiarità così vissuta, ogni incontro è sempre stato un ritrovarsi subito sull'onda dei ricordi e dell'assonanza che una volta creata resta intangibile. E' di ieri la notizia triste della morte di Franco, medico poco più vecchio di me, che viveva con la sua famiglia da tanti anni a Carmagnola. Era un animo gentile, che aveva vissuto momenti complicati alla ricerca di sé stesso, senza mai perdere quella visione acuta di vedere le cose con ironia sferzante, ma anche con quel candore che era nel suo sorriso e in un modo tutto suo di strizzare gli occhi. La vita è così: sullo scacchiere della nostra esistenza ogni tanto spariscono persone cui eravamo legati e che ci avevano accompagnato nel nostro percorso. Non mi rassegnerò mai a questo lato crudo del nostro destino che, lungo il cammino, ci fa perde un pezzo di affetto e di amicizie senza alcuna logica apparente in questo colpire l'uno o l'altro in un gioco che talvolta pare solo crudele e doloroso. Così Franco se ne va e per me resta il cugino di tanti giochi, di tante chiacchiere, di bei momenti gioiosi e anche di qualche momento meno lieto in cui gli sono stato vicino per quanto ho potuto. Anche in quei passaggi in cui mostrava fragilità che tutti noi abbiamo vissuto a tour de rôle e con diversi livelli di gravità, sentivo il legame di sangue ed il sentimento profondo che lega chi è cresciuto assieme. Oggi Franco resta nel cuore di chi lo ha conosciuto: è volato via e per me resterà sempre il ragazzone forte e riccioluto con cui ci inseguivamo fra le onde con quelle risate senza tempo.