Penso con nostalgia agli anni in cui, incredibile a dirsi, si sciava già in queste stesse settimane e non come oggi avviene nella solita e fortunata per altimetria Breuil-Cervinia con ghiacciaio sovrastante. Comunque sia, di questi tempi iniziano le macumbe nella speranza che arrivi la neve e, in subordine, che ci siano le temperature per sparare con gli unici cannoni buoni sulla faccia della terra, quelli per l’innevamento artificiale (che pure restano nel mirino di certi ecologisti perché consumatori d'acqua e energivori). Il mondo cambia se pensiamo che un tempo - direi ancora un secolo fa, pensando agli inverni terribili sui fronti della Prima Guerra mondiale - la neve era una maledizione e, in caso di esagerazione, partivano novene propiziatorie affinché il maltempo e le minacce conseguenti si attenuasse.
Per pura curiosità ho provato a scorrere le previsioni di lunga gittata per il prossimo inverno per capire cosa capiterà sulle Alpi: confesso che, fatto salvo il fatto che forse si debba essere specialisti per destreggiarsi senza fare brutte figure, mi par di capire che ci sia tutto e il suo contrario, per cui tocca davvero aspettare. Come ogni anno ci si chiede come andrà la stagione dello sci: ho letto da "Skipass Panorama Turismo - Osservatorio italiano del turismo montano" di una ricerca mirata di "Jfc" di Faenza sul sistema montagna innevata. Ebbene, per la stagione invernale 2016 - 2017 sono previsti un incremento degli arrivi del 3,2 per cento ed una crescita complessiva delle presenze leggermente superiore a quella degli arrivi, pari a un +3,8 per cento. Il soggiorno medio dovrebbe essere di 4,3 notti, con maggiori indici di crescita attraverso i mercati esteri (+5,7 per cento) rispetto a quello italiano (+1,9 per cento). Il fatturato per l'insieme del sistema dell’ospitalità oscilla, in previsione, attorno ai quattro miliardi e 450 milioni di euro, mentre quello dei servizi collegati alla pratica delle discipline sportive sulla neve (come il noleggio delle attrezzature, la scuola dei maestri di sci, l'acquisto di skipass agli impianti di risalita) di quattro miliardi 391 milioni, mentre si calcola un miliardo e 113 milioni quale indotto generato da altri servizi come ristorazione, commercio, attività ricreative e di divertimento. Il fatturato complessivo del sistema si avvicinerebbe dunque a quota dieci miliardi, comprensivi dei costi di viaggio per raggiungere le destinazioni di montagna, su cui tonerò. Positive anche le attese (in inglese "sentiment"!) del 62,3 per cento gli operatori della filiera turistica della montagna bianca, che devono fare i conti con le esigenze di una clientela - soprattutto quella italiana - che non si accontenta più del classico pacchetto "hotel + skipass" ma che ricerca - così dice la ricerca - momenti di forte appagamento personale. Secondo la ricerca, nell'inverno 2016 - 2017 non basterà essere semplicemente "convenienti" per aumentare le quote di clientela: servirà invece offrire di più, maggiori servizi, più opzioni gastronomiche, più benessere, più luoghi aggregativi, più momenti di socializzazione, più centri vacanza ed opportuna animazione per i piccoli ospiti. Ma dicevamo dei costi di viaggio, sapendo tra l'altro che il carburante - già caro come il fuoco per una tassazione italiana del tutto peculiare per la sua incidenza - aumenterà con l'inizio del 2017, mentre non so dire se - dopo gli aumenti dal 1° gennaio 2016 - ce ne saranno anche nella stessa data del 2017 per le tariffe autostradali. Proprio l'altro giorno un amico mi rimproverava sul fatto che lamentassi tariffe ormai incredibili per i valdostani sulle "loro" autostrade e non citassi le ricadute dei costi enormi di transito anche sul comparto turistico. Faccio ammenda e segnalo proprio come sullo sci pesino come sappiamo gli spostamenti andata e ritorno per la gran massa di appassionati che scelgono la Valle. Sono andato a spulciare le tariffe - sul sito ufficiale di "Autostrade" - con una tariffa media "classe 2" "Assi B", tipo "SUV", ovviamente balla qualche euro in meno per vetture più piccole, ma restano le proporzioni. Da Milano (Viale Certosa) a Courmayeur l'autostrada costa 33 euro e 90 centesimi per 221 chilometri, se uno esce a Quincinetto spende 13 euro e 70 centesimi per 129 chilometri, quindi la tratta "Quincinetto - Courmayeur" vale, per 129 chilometri, venti euro e venti centesimi. Fate i calcoli per un "Torino - Courmayeur" che vale per 163 chilometri 26 euro e venti centesimi, ma i 71 chilometri da Torino a Quincinetto costano solo cinque euro e 90 centesimi. "Genova - Courmayeur", per concludere, costa per 271 chilometri 34 euro e 60 centesimi, ma i 179 chilometri fra Genova e Quincinetto sono 14 euro e 60 centesimi. Tutto chiaro? Ovviamente si possono scegliere caselli intermedi, ma la sostanza non cambia. Calcolate un'andata e ritorno e si capisce quanto le tratte valdostane siano ormai da capogiro e pesi questo costo in negativo sul turismo valdostano, che ci rimette clienti a beneficio delle società private che gestiscono le due autostrade. Si tratta ovviamente delle conseguenze della privatizzazione e delle concessioni in atto, ma se non si troverà rimedio i rincari proseguiranno. Aggiungo, infine, per soffrire nella comparazione, che il tragitto, partendo dallo stesso posto e con la stessa categoria da Milano, fa come pedaggio - sino a Trento, su 245 chilometri - 17 euro e quaranta centesimi e - sino a Bolzano, su 295 chilometri - 21 euro e trenta centesimi. Chiaro?