I rapporti fra Aosta e Roma (con il terzo lato del triangolo che è Bruxelles) restano centrali per l'Autonomia della Valle d'Aosta. Il perché è ovvio: benché tutelata da norme di rango costituzionale, la nostra Autonomia non è il Federalismo e dunque si inseriscono molti ostacoli "romani" nel rispetto dei diritti dei valdostani e del loro sistema di autogoverno, purtroppo imperfetto per ragioni esogene ma anche endogene. Ho vissuto una lunga stagione occupandomene e mi sono fatto la convinzione che nella dialettica dei rapporti è bene trovare sempre un equilibrio senza troppi pessimismi, ma neanche illudendosi che il sistema possa sempre funzionare bene. Il regionalismo italiano è creatura fragilissima, che verrà uccisa definitivamente dalla Riforma costituzionale Renzi-Boschi, qualora sciaguratamente approvata dal popolo. Il passo successivo, se vincesse il "sì", sarebbe la morte delle Regioni a Statuto speciale nel nome dell'eguaglianza di trattamento con quel cadavere di Regioni che resterebbero.
Mi è capitato nel tempo di avere Governi con cui è stato facile ragionare e non subire delle carognate, altri con cui il bilancio era nella media del dare e avere, ci sono poi stati Governi molto ostili. Il rapporto con il Governo Renzi, appoggiato con il ripetuto voto di fiducia dei due parlamentari valdostani in carica, è molto interessante. Lo è perché marca con chiarezza l'impronta che il politico fiorentino ha dato al suo Esecutivo: moine, abbracci, promesse e annunci che suonano sempre come abbacinanti e seduttivi, che poi - sulla nostra pelle ma in ogni angolo della sua azione politica - corrispondono raramente ad un'efficacia di risultati ed a fatti che siano coerenti con gli impegni assunti, tranne una certa logica caritatevole di qualche soldo ogni tanto a mo' di regalia. Basti guardare al disastro della finanza pubblica valdostana, dissanguata con un’operazione da sanguisughe ed al traccheggiare sulle norme di attuazione con alcune bozze di decreto che giacciono sulla porta del Consiglio dei Ministri in attesa della loro approvazione e altre che neppure sono partite per ora dalla Commissione Paritetica Stato - Valle d'Aosta. Per altro il "Renzi pensiero" sulle Speciali è assai noto, perché rimasto scritto più volte: le Speciali sono un privilegio e prima o poi i nodi verranno al pettine. Nell'agenda del post referendum, se il premier vincerà, la loro soppressione - persino in una logica macroregionale per la nostra Valle d'Aosta - tornerà in testa all'agenda di Governo. Come immaginare scelte diverse se la filosofia governativa è quella di un accentramento di poteri e competenze su Roma, cui si aggiunge un centralismo nel centralismo che valorizzerà la Presidenza del Consiglio come luogo eletto per ogni decisione? Confesso di aver preso una topica iniziale, pur non essendo mai andato a votare Renzi ai banchetti del Partito Democratico, perché non sono mai stato iscritto o simpatizzante di quel partito. Nel senso che mi pareva che, provenendo da esperienze politiche locali, prima al vertice della Provincia e poi del Comune di Firenze, in cima ai pensieri renziani ci sarebbe stata di certo la democrazia locale e il suo ruolo, invece - da buon fiorentino - in testa c'è il "Principe" di Machiavelli con buona pace di Lorenzo de' Medici e della sua casata, che mi pare diversa dalla famiglia Renzi. Questa logica personalistica, che vede inginocchiata larga parte del PD - roba da non credere - pesa sui meccanismi democratici. Certi laudatori locali, che alle visite di Renzi in Valle si sono presentati con le stesse attenzioni che i Maya riservarono ingenuamente ai conquistadores spagnoli, si sono subito adeguati al renzismo imperante e l'atto di massima sottomissione sono i "Comitati del sì", riferendomi a certe persone che vengono da esperienze ben più a sinistra del democristiano fiorentino. Ma, si sa, che bisogna fare di necessità virtù... L'esatta cartina di tornasole dei rapporti politici fra la Valle d'Aosta e Roma sono condensati in alcune pagine delle impugnative alla Consulta decise ore fa dal Consiglio dei Ministri - e dunque in sede politica e non tecnica - su alcune norme contenute in leggi regionali della Valle d'Aosta. I temi sono noti: "no" ad un concorso nella Sanità con condizioni di favore per chi già operi; "no" a deroghe per la macellazione familiare e per la lavorazione del latte in azienda per la produzione di certi formaggi; "no" ad alcuni aspetti normativi originali concernenti i rifiuti. Quel che colpisce è che non c'è secchezza nella motivazione, per poi dare all'Avvocatura dello Stato tutti gli elementi giuridici di dettaglio nella causa presso la Corte Costituzionale, ma per giustificare - con logiche centralistiche come macigni, specie quando celate dietro al solito e spesso tragicomico «ce lo chiede l'Europa» - vengono scritte delle pappardelle in giuridichese mica da ridere. Verrebbe da preparare una lettera di indignazione a Renzi con incipit sardonico: «Caro amico ti scrivo...».