In un Paese normale o forse persino in uno anormale il referendum costituzionale - come quello sulla riforma Renzi-Boschi - sarebbe stato fissato da tempo. Ed invece prosegue, nel cuore dell'estate, il balletto sulle date. Resosi conto che butta male per il "sì", il Premier sembra intenzionato a spingere sino a fine novembre - sperando che nevichi, piova e tiri vento... - il giorno del voto, immaginando nel frattempo diverse manovre a tenaglia (mani sull'informazione e regali e promesse per i gonzi) per rovesciare la situazione e il disastro personale e politico che si troverebbe a vivere se - come avverrebbe se si votasse domani - vincesse il "no". Matteo Renzi era partito con grande sicumera, spalleggiato dalla giovane ministra (quella che ha in Amintore Fanfani un modello, che per una del Partito Democratico dovrebbe far strano), convinto che il referendum sarebbe stata una passeggiata per una riforma costituzionale che già era stata avviata male sin dagli esordi.
Della materia costituzionale, infatti, dovrebbe occuparsi il Parlamento, mentre questa volta la riforma è stata tutta governativa, pure a colpi di fiducia, roba che lascerebbe stupefatti i poveri costituenti che lavorarono sulla Costituzione del 1948. Ricordo cosa ha scritto in merito il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky: «Noi diciamo che il "governo costituente", in democrazia, è un'espressione ambigua. Sono i governi dei "caudillos" e dei colonnelli sudamericani, quelli che, preso il potere, si danno la propria costituzione: costituzione non come patto sociale e garanzia di convivenza ma come strumento, armatura del proprio potere. Il popolo e la sua rappresentanza, in democrazia, possono essere "costituenti". I governi, poiché sono espressione non di tutta la politica, ma solo d'una parte, devono stare sotto la Costituzione, non sopra come credono invece di stare d'essere i nostri riformatori che si fanno forti dello slogan "abbiamo i numeri", come se avere i numeri, comunque racimolati, equivalga all'autorizzazione a fare quel che si vuole». Poi sul contenuto non torno per ora, avendolo già fatto e dovendolo fare quando si avvicinerà la data delle urne quando sarà fissata, ma basti - sinteticamente - ricordare che la riforma è un pasticcio, essendo scritta con i piedi e si tratta di un disegno autoritario centralizzatore e certamente lesivo del regionalismo. Si dice che le Speciali sono a posto, ma il "principio dell'intesa" su di un futuro Statuto è fumoso e senza certezze reali. Nel caso valdostano poi non è ancora neppure nata quella Commissione speciale che dovrebbe occuparsene, impantanata pare in una triste vicenda di liti su chi ne dovesse far parte e così tutto è stato rimandato a settembre, come avviene per gli esami di riparazione... Oggi molto ruota attorno alla modifica o meno della legge elettorale nota come "Italicum": un vero obbrobrio che nasce tra l'altro prima della riforma costituzionale, ma come se i cambiamenti fossero già in vigore! Raro caso, nella tecnica legislativa, di un carro messo davanti ai buoi. Per cui, per capirci, se domani il Senato restasse per volontà popolare non ci sarebbe più una legge per eleggerlo. Ma questa legge ha ben di peggio, perché prevede come esito per la Camera dei deputati una maggioranza schiacciante per chi vince anche di misura, prefigurando così il rischio di un disegno dispotico. Per cui molti oggi voterebbero "no" alla riforma costituzionale perché messa assieme all'Italicum fa di Palazzo Chigi una piccola monarchia neppure costituzionale a chiusura di un disegno renziano che preoccupa, perché il Presidente del Consiglio e i suoi amici del "giglio magico" già hanno dimostrato tecniche di occupazione mai viste con la situazione vigente, figurati se diventa un Regime vero e proprio senza più spazi per l'opposizione. Per cui, annusando l'aria, ora Renzi sembra disponibile a rifare la legge, dicendo - dopo aver imposto l'Italicum - che la materia elettorale è in capo al Parlamento, cui spetta un'eventuale modifica. Chiarendo il fatto che qualunque miglioria dell'obbrobrio della legge elettorale sarebbe un bene, sia chiaro che - almeno nel mio caso - il giudizio sulla riforma costituzionale non cambierebbe di una virgola, perché se è vero che il comitato disposto legge elettorale-riforma costituzionale affossa dei principi democratici, anche l'eventuale nuova Costituzione da sola non scherzerebbe. Per cui attendiamo questa famosa fissazione del referendum e poi credo - visto anche come sarà lo schieramento delle posizioni in Valle d'Aosta, ma immagino che c'è chi opterà, solo per furbizia ed opportunismo, per la "libertà di voto" - che bisognerà rimboccarsi le maniche per spiegare come e perché la questione è importante, riguardando in sostanza elementari questioni di libertà per ciascuno di noi.