E' stata una realistica finestra sul dramma di Nizza delle scorse ore quel volo per Parigi, cui accennavo ieri. Un ritardo in partenza ha consentito ad una giovane hostess nizzarda di avere attese notizie dei suoi due bambini piccoli affidati alla nonna mentre lei era via: all'ultimo momento avevano rinunciato ad andare a vedere sulla celebre "Promenade des Anglais" - come sempre avevano fatto - i fuochi di artificio sul mare del 14 luglio per la Festa nazionale d'Oltralpe. Una vicina di poltrona anche lei di Nizza messaggiava furiosamente con un fratello che aveva salvato una nipote, spingendola con forza per evitare l'urto con il "Tir" che come in un videogioco crudele cercava di abbattere più passanti possibili nel disegno stragista. Un coro di commenti, paure, rabbia in un crescendo di compartecipazione a più voci e più nazionalità.
Certo la Francia sta pagando un prezzo enorme in questa strana guerra contro l'estremismo islamico, che conta non solo sulla strategia militare mediorientale attraverso il famoso "Isis", ma ha avviato una campagna terroristica in tutto il mondo - non solo quello occidentale - per fare del terrore una strategia della tensione perenne ed i francesi stanno, infatti, pagando il prezzo più alto. Nel nostro caso, anche se non è un'esclusiva, la complicità più terribile passa attraverso i giovani nati in Europa, usati come strumenti di morte - che cercano con logica suicida - per un attacco studiato a tavolino per fare male e una sofisticata ragnatela di tragedie una dopo l'altra . Scrivo dall'aeroporto "Charles de Gaulle", luogo di transito di milioni di viaggiatori di tutte le provenienze, crocevia internazionale che diventa - se si guarda al va e vieni - un campionario eminente di questo mondo che ha fatto della mobilità uno dei segni di libertà e che finisce per essere un bastione esemplare contro l'oscurantismo cui dovremmo adeguarci se a vincere fossero quei matti da legare che vogliono islamizzare l'Europa. Proprio Ernesto Galli Della Loggia, giorni fa sul "Corriere", se la pigliava con i troppi silenzi, le complicità e una certa neutralità di campo anche dell'islamismo moderato e puntava il dito su chi - come l'Arabia Saudita - alimenta con generosità la lotta armata dei terroristi islamici. Cambiare passo significa oggi avere una strategia verso gli estremisti - questo è ovvio - e non lo si fa di certo «mettendo dei fiori nei nostri cannoni», ma neppure con certe guerre "improvvisate", come in Iraq e Libia, che hanno avuto esiti terribili, così come i precedenti errori d'approccio gravissimi come avvenne in Afghanistan, per non dire dei più recenti pasticci in una Siria insanguinata. Ma bisogna anche trovare il modo, politico e culturale, per evitare che giovani nostri vicini di casa (e non solo arabi) scelgano una fede cieca e irrazionale e noi ci si trovi con serpi in seno pronte a colpire in ogni dove. Ma lo si faccia senza indugiare al "buonismo" ed a ripetitive giustificazioni sociologiche d'accatto: nulla e nessuno può per certi fatti trovare neppure una briciola di giustificazione.