Così ha dato la notizia l'edizione torinese de "La Repubblica": "Niente mascotte del lupo nelle prossime tappe del Giro che, dal Piemonte, sconfineranno in territorio francese. Il sindacato degli agricoltori delle Haute Alpes, ha infatti chiesto e ottenuto che nelle tappe d'oltralpe non passasse in Francia la mascotte del "Giro d'Italia", il lupo Wolfie. Il tutto perché i lupi continuano a fare razzie di greggi, e i francesi lo consideravano un'offesa, al punto da aver mobilitato il prefetto francese e minacciato di bloccare il passaggio dei ciclisti. L'organizzazione del giro ha dato l'ok, quindi nelle due tappe tra Italia e Francia la mascotte Wolfie dovrà "stare in gabbia". Venerdì 27 maggio, con l'arrivo della 19esima tappa tra Pinerolo - Risoul 1850 (162 chilometri, ed il giorno dopo, dalla partenza di Guillestre al Sant'Anna di Vinadio (134 chilometri). La campagna promossa dagli organizzatori del "Giro d'Italia" insieme con il "Wwf" mette uno accanto all'altro sul poster un lupo vero e Wolfie, il pupazzo mascotte della corsa rosa, con lo slogan: «Insieme per proteggere il lupo»".
Credo che ci sia poco da scandalizzarsi, conoscendo - anche di persona - quanto gli allevatori francesi siano da tempo sul piede di guerra, rispetto alla presenza in Francia stimato fra i trecento ed i cinquecento lupi (ma molti sostengono che il numero sia enormemente più grande) e questa presenza crescente del predatore - nel 2020 si supererebbero i mille - è diventato un caso politico, che segna anche un problema di incomunicabilità fra montagna e pianura. Si è passati dal "lupo cattivo" al "lupo buono" in una visione piuttosto distorta della realtà, perché scontro ideologico. Il fatto è che in Francia nell'ultimo anno si sarebbero potuto abbattere trentasei lupi - per mantenere un equilibrio - ma poi in realtà ne sono morti, anche per urti stradali, un totale di quarantacinque. In Valle d'Aosta i lupi sono tornati una decina di anni fa, in modo assai discreto, tanto che qualche anno fa mi ero sentito dire che forse la forte altimetria della Valle era un deterrente al suo ritorno. Tesi che si è dimostrata infondata, come per altro dimostrato dalla storia del passato, visto che per secoli il lupo c'era stato. Ha scritto il naturalista Ronni Bessi su "Environnement" qualche anno fa: "Dagli ultimi decenni del 1800 il lupo ha continuato a sopravvivere in Valle d'Aosta solo sotto forma di toponimi, detti, leggende, cronache storiche ed antiche trappole per catturarlo ("leuvires" o "lüires"). Ancora oggi i nomi di alcune località ci sussurrano dell'antica presenza del lupo: "Wolfbode" (piana dei lupi) a Gressoney-Saint-Jean, "Col du Loup", a 2372 metri tra la Valle del Lys ed il Piemonte, "Bora du loup" a Lillianes e "Covaloup" ad Antey-Saint-André. Più numerosi sono i proverbi a proposito di questo animale ed alcuni di essi descrivono significativamente certi suoi comportamenti: «Les loups ne se mangent pas entre eux», «La fau a tchatza lo lu dou bohk» («La fame spinge il lupo fuori dal bosco»); altri sottolineano la netta divisione che si voleva mantenere tra la civiltà umana e la natura selvaggia: «Si t'ichté avé lu té urlé da lu» («Si tu restes avec le loup tu hurleras comme le loup», detto diffuso nel Vallese). Quest'ultima espressione ci sembra si colleghi bene con l'antica formula usata dai Franchi Riparii nell'esiliare un membro della propria comunità: «Sia costui considerato alla stregua di un lupo, viva quindi da lupo»!". Prosegue più avanti: "Comunque, lo stereotipo dominante di questo animale era così riassunto da un famoso scrittore valdostano (Tancredi Tibaldi): «il lupo è feroce, sanguinano, stupido, senza veruna bellezza né attrattiva fisica». Non ritenendosi sufficienti le battute di caccia verso la fine del 1700 furono realizzate anche in Valle d'Aosta, in alcune radure delle foreste, delle "fosse lupine", a seguito degli "efficaci" risultati ottenuti in Svizzera: «c'est ainsi que vers Genève et la Suisse on les a presque détruits» (Amé-Louis-Marie Vignet baron des Etoles, 1778). Attualmente, qualcuna di queste antiche trappole, dal perimetro tipicamente circolare e con le pareti rivestite in muratura a secco, esiste (e resiste) ancora. Queste mute testimonianze "archeologiche" della guerra verso il lupo da parte dell'uomo sono state localizzate a Saint Vincent, Donnas e Pontey". Tempo passato, naturalmente, di una Valle d'Aosta rurale con situazioni diverse. Oggi, è chiaro che con il lupo bisogna convivere, magari evitando di farne un'immaginetta sacra, come da alcune frange di animalisti. Ma quanti sono i lupi in Valle? Ufficialmente si parla di sette, otto lupi, designandoli come erratici. Nel mondo venatorio si parla di una quarantina di esemplari. Probabilmente la verità sta nel mezzo e saranno un pochino meno di venti, già in parte organizzati - si dice - in almeno tre branchi. Ma, visto la spiccata capacità riproduttiva, e l'oggettiva assenza di predatori di questi predatori e l'assenza umana stanziale in una crescente parte del territorio, è legittimo chiedersi quale sarà il loro incremento nel tempo. Ma soprattutto quali modalità verranno assunte per contrastare certi rischi, come quello sul bestiame, visto che non è credibile nelle nostre zone l'uso massiccio di recinti elettrificati ed anche l'uso di cani pastore di grande taglia ha, come controindicazione, il rischio per le persone, visto la loro intrinseca aggressività. Per capirci, infine: se si superasse una certa soglia nel numero dei lupi, con un eccesso di loro densità, quali misure verranno assunte? Si seguirà il modello francese e svizzero, con possibilità di abbattimenti, o trionferà la logica del "non decidere" in una selva di contenziosi giuridici, che renderanno il lupo un intoccabile?