A formare, ammesso che sia poi davvero avvenuto, un'immagine di unitarietà dell'Italia dai mille campanili (che poi sono amministrativamente più di ottomila!), ci pensò quel personaggio che fu Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 4 agosto 1820 - Firenze, 30 marzo 1911), scrittore e gastronomo, autore di un celebre libro di cucina, "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene", pubblicato nel 1891. Scritto tre decenni dopo l'unificazione dell'Italia, fu il primo ad includere in un unico volume ricette culinarie provenienti dalle regioni italiane (che poi erano ancora degli Stati veri e propri sino a pochi anni prima) e per questo gli si ascrive il merito di aver posto le basi per la formazione di una cucina nazionale italiana. Anche se, in realtà, oggi il fenomeno è quello distonico di una riscoperta delle cucine locali e, dal lato opposto, di un affermarsi di cucine internazionali a due passi da casa nostra.
Quando è morto, poco tempo fa, l'attore Paolo Poli (unico gay dichiarato nella televisione in bianco e nero della mia infanzia), ho visto una spassosa intervista in cui l'attore fiorentino raccontava, con elegante ironia, dell'audiolibro in vendita in cui legge le ricette dell'Artusi, romagnolo fiorentinizzato anche nella prosa. Basta leggere come inizia la descrizione del brodo per capirci: «Lo sa il popolo e il comune che per ottenere il brodo buono bisogna mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola adagino adagino e che non trabocchi mai. Se poi, invece di un buon brodo preferiste un buon lesso, allora mettete la carne ad acqua bollente senza tanti riguardi. E' noto pur anche che le ossa spugnose danno sapore e fragranza al brodo; ma il brodo di ossa non è nutriente». Fantastico anche l'incipit sulle ministre: «Una volta si diceva che la minestra era la biada dell'uomo; oggi i medici consigliano di mangiarne poca per non dilatare troppo lo stomaco e per lasciare la prevalenza al nutrimento carneo, il quale rinforza la fibra, mentre i farinacei, di cui le minestre ordinariamente si compongono, risolvendosi in tessuto adiposo, la rilassano». Per capire il descrittivo di un piatto ecco le costolette di vitella di latte alla milanese: «Tutti conoscete le costolette semplici alla milanese, ma se le aggradite più saporite trattatele in questa guisa. Dopo aver denudato l'osso della costola e scartatine i ritagli, spianatele con la lama di un grosso coltello per allargarle e ridurle sottili. Poi fate un battuto con prosciutto più grasso che magro, un poco di prezzemolo, parmigiano grattato, l'odor dei tartufi, se li avete, e poco sale e pepe. Con questo composto spalmate le costolette da una sola parte, mettetele in infusione nell'uovo, poi panatele e cuocetele alla sauté col burro, servendole con spicchi di limone. Per cinque costolette, se non sono molto grosse, basteranno grammi 50 di prosciutto e due cucchiaiate colme di parmigiano». Artusi fu il primo a scrivere: «Non vergogniamoci di mangiare il meglio che si può e ridiamo il suo posto anche alla gastronomia». E ad aggiungere: «Il mondo ipocrita non vuol dare importanza al mangiare; ma poi non si fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si cerchi di pappare del meglio». Verissimo! E per questo da domani, alle 12.30 circa sulle frequenze radio di "Radio1" negli spazi di "RaiVd'A", condurrò - con interviste di Elena Meynet - una mezz'ora di trasmissione sino al mese di giugno ogni martedì dal titolo ammiccante di "Gourmet, Gourmand", itinerario gastronomico partendo dall'elenco dei "Prodotti agroalimentari tradizionali valdostani" riconosciuti dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, su proposta della Regione Valle d'Aosta, che verrà, nel programma, allargato ai prodotti "dop". Ascoltare per credere, oltretutto in un orario in cui l'acquolina in bocca è facile da soddisfare.