Sul "Patto di stabilità" ho la coscienza a posto e il bello di averne scritto, ma di averlo detto anche in sedi ufficiali perlopiù resocontate, mi tranquillizza su un fatto preciso: specie nei confronti delle Regioni (ora qualche ammorbidimento per i Comuni sta emergendo) uno strumento europeo, ormai di parecchi anni fa, è diventato il paravento per svuotare pian pianino le casse regionali con un accanimento particolare - con l'aiuto delle Regioni ordinarie - nei confronti delle Autonomie speciali. Scelte a colpi di rasoiate senza mai tenere conto davvero delle funzioni, dei poteri e delle competenze che le Specialità esercitano sul proprio territorio. Foglia dopo foglia del carciofo, ad esempio per la Valle d'Aosta, è rimasto solo il gambo.
Questo obbliga a due riflessioni: la prima, evitando di farlo con attese ulteriori, è di rimettere mano ai rapporti finanziari tra Stato e Regione Valle d'Aosta, come promesso dopo la bocciatura dell'articolo 1 della Finanziaria valdostana per il 2016. Va riscritta la norma d'attuazione del 2010, che venne approvata dalla "Commissione paritetica" di cui ero membro senza possibilità di alcuna modifica, perché era un "prendere o lasciare" frutto di negoziazioni di cui la Paritetica doveva prendere atto, essendo già stata predigerita. Il seguito ha dimostrato che conteneva spazi di ambiguità, accentuati dal mancato rispetto di alcune previsioni normative da parte del Governo, in gran parte purtroppo vidimati dalla Consulta, che pure qualche contentino alla Valle lo ha dato in poche sentenze favorevoli. Ma la storia dei "troppo ricchi" e dunque "da tosare" come pecore troppo lanose ha fatto scendere il Bilancio regionale a quasi la metà (forse di più pensando a certe risorse che lo Stato ha preteso dalla fiscalità dei nostri Comuni). Per non disturbare il manovratore Matteo Renzi andava considerato un amico, oltretutto ostetrica del parto che ha portato un renziano come sindaco di Aosta - e Fulvio Centoz per ora non brilla di certo - ed all'ingresso del Partito Democratico in Giunta regionale con proposte innovatrici (per ora seguono in fila indiana il "Conducator"), la comunità valdostana ha dovuto maldigerire tutte una serie di vessazioni verso l'Autonomia speciale, aspettando una svolta nei rapporti che per ora non c'è stata e cresce la sensazione di essere stati cornuti e mazziati. A questa dieta draconiana e malsana, mentre le Speciali del Nord hanno avuto davvero colpi di mano (Bolzano e Trento con un accordo di lunga gittata, il Friuli Venezia-Giulia con molti aiutini) e le Isole viaggiano per conto loro (la Sardegna ha avuto soddisfazioni e la Sicilia fa sempre quel che vuole), alla fine si è uniformata la sola Valle d'Aosta, che con aria mesta verso Roma ma con arroganza locale («La Région c'est moi» e tutti devono obbedire) ha cominciato una politica di tagli che sta abbattendo lo Stato Sociale, così come costruito in decenni e decenni, persino quando la "politica del rubinetto" dei trasferimenti finanziari, prima della stabilizzazione del riparto fiscale, ci faceva vivere in una dignitosa sobrietà che mai ha dimenticato la dimensione sociale della cittadinanza. Questa sensazione di essere stati presi per il naso, con evidenti complicità locali, fa crescere la arrabbiatura popolare. E chi si lamenta della manifestazione delle operatrici sociosanitarie sotto Palazzo regionale, dopo l'ultimo Consiglio Valle, farebbe bene a contenere la sua indignazione, cercando di capire lo stato d'animo di chi ha paura per il proprio futuro. Chi è democratico dovrebbe essere contento che la democrazia rappresentativa e elementari ragioni di libertà d'espressione consentano alle persone di manifestare di fronte alle istituzioni democratiche, quanto nelle dittature certo non può avvenire. Semmai stupivano certi silenzi - pieni di paura e nel nome dell’omertà - che ci sono stati in un recente passato.