Passa il tempo, accumuli esperienze e forse è vero che gli anni ti danno quel pizzico di saggezza, che nel mio caso addolcisce certi atteggiamenti un tantino sanguigni che facevano parte del mio carattere. Ma si tratta di un viaggio, di una "recherche" e non a caso Marcel Proust ha scritto: «On ne reçoit pas la sagesse, il faut la découvrir soi-même, après un trajet que personne ne peut faire pour nous, ne peut nous épargner». «Pensa di più a te stesso!». Me lo dice sempre una mia amica, cui piacciono tutte quelle discipline un po' spiritualiste e persino esoteriche che legano con tanti fili ciascuno di noi ad approcci di vario genere per il proprio benessere e la propria salute.
Io sono molto rispettoso delle scelte di questo genere, che siano la forme di cura popolari, le pratiche orientali, le medicine alternative, le tecniche di coaching e via di questo passo, senza infilarmi in tutti gli aspetti più propriamente confessionali, che agiscono su terreni talvolta confinanti ma non coincidenti. Confesso di avere curiosità per tutta questa galassia sin da ragazzo e cerco di informarmi, ma confermo di essere scettico non rispetto alla bontà di ciascuna di queste discipline - basta che piacciano a chi le pratica - quanto al rischio che ci sia un eccesso di fideismo e personalmente sono sempre stato preoccupato da chi si immerga in scelte troppo totalitarie, che possano diventare per alcuni come i paraocchi per i cavalli. Però questa idea di concentrarsi maggiormente su ciascuno di noi (la mia amica, commentando una serie di miei recenti acciacchi mi dice: «Abbi cura e rispetto per il tuo corpo: se ci pensi, è l'unico vero posto in cui devi vivere») non mi sembra per nulla da snobbare. Ci pensavo anche rispetto ad un certo degrado della politica, cui ho dedicato forze e energie e posso dire, avendolo vissuto come fosse stata una spina dorsale della mia vita per molto tempo, che certi ruoli istituzionali sono molto assorbenti e faticosi, a dispetto di chi pensa esattamente il contrario. Ma osservo che se da sempre gli scontri in politica sono stati al vetriolo e con evidenti punti di ferocia e persino di violenza, esistevano però quando cominciai ad occuparmene - nella famosa "Prima Repubblica" - una serie di regole non scritte, una sorta di Galateo che regolava il perimetro dei reciproci rapporti, affinché nel vivere assieme, compresi gli eccessi polemici sempre possibili, fossero in qualche maniera comunque irregimentati e perimetrati. Direi che si potrebbe usare quella espressione anglosassone sintetizzabile con la formula "gentlemen's agreement" dall'inglese, con il significato letterale di "accordo fra gentiluomini"), che creava situazione di scontro che finivano in realtà "senza spargimento di sangue", avendo anche la politica dei momenti pubblici e altri di confronto più riservato con toni non solo a favor di tifoseria. E pure esistevano scontri al calor bianco, che potevano tuttavia non incidere sul rispetto e persino sull'amicizia reciproca. Oggi mi sembra tutto squadernato e i veleni circolano senza antidoti e certa litigiosità si diffonde anche sotto la stessa bandiera, essendo venuta meno ogni capacità di sintesi e si afferma anche l'impeto di chi riprende senza raziocinio il gusto di un mondo manicheo fatto solo di amici e nemici. Classificazione utile, per carità, e per nulla da banalizzare, ma oggi l'uso è diventato immediato e troppo capriccioso. Bene dunque, anche a beneficio di quel pensare a noi stessi, dedicarsi a battaglie di sostanza, in punta di... saggezza.