"Costruito su un picco roccioso che domina il sottostante borgo, il castello è citato per la prima volta nel 1287 come proprietà dei signori De Verretio. Un'iscrizione scolpita in caratteri gotici attesta che fu Ibleto di Challant nel 1390 a porre mano ai lavori che fecero assumere all'edificio l'aspetto attuale. Nel 1536 Renato di Challant rinnovò l'apparato difensivo del maniero, adattandolo all'uso delle moderne armi da fuoco. In questa occasione venne costruita una cinta muraria munita di cannoniere, di speroni a contrafforte e di torrette poligonali da offesa, idonei all'impiego delle spingarde e dei cannoni fusi nel feudo che il conte di Challant possedeva a Valangin, in Svizzera; l'ingresso fu reso più sicuro mediante la realizzazione dell'antiporta con il ponte levatoio e l'apertura di feritoie".
"Si provvide inoltre ad aprire nuove finestre a crociera, in aggiunta a quelle a tipo gotico a monofora e a bifora già esistenti, e nuove porte ad arco moresco, di evidente influsso spagnolo; gli interni furono arricchiti con nuovi arredi. Alla morte di Renato di Challant (1565) senza eredi di sesso maschile, il castello venne incamerato dai Savoia. Nel 1661 il duca Carlo Emanuele II ordinò di smantellare gli armamenti e di trasferirli al forte di Bard, punto strategico dove si concentrava la difesa della Valle d’Aosta. Gli Challant riottennero il possesso della rocca nel 1696 e lo mantennero fino all'estinzione della casata, ai primi del XIX secolo. A quell'epoca il castello era abbandonato da quasi due secoli: il tetto, già in parte crollato, era stato demolito del tutto per evitare il pagamento del canone erariale, così che i piani superiori erano esposti alle intemperie e invasi dalle erbacce. Il salvataggio di questo castello, come per quelli di Issogne e di Fénis, si deve all'interesse di un gruppo di intellettuali piemontesi accomunati dalla passione per il Medioevo". Così, con una bella sintesi, il sito regionale "lovevda" racconta del castello di Verrès, la fortezza che fin da piccolissimo è stato un elemento familiare di verrezziese di nascita (la nascita alla "Maternità" di Aosta va considerata un "elemento tecnico"). Per altro i quattro giorni del Carnevale in corso confermano come il castello sia, ormai da quasi settant'anni, intrecciato con il paese, visto che la gigantesca costruzione di pietra da macchina da guerra diventa nei suoi saloni, anche grazie agli importanti lavoro tecnologici effettuati pochi anni fa (riscaldamento compreso!), lo scenario di gran parte dei festeggiamenti. Davvero un unicum un Carnevale così! Un utilizzo che risulta così episodico, perché impegno di pochi giorni che rende ancora più manifesto - in un'epoca in cui certi beni culturali sono volano economico - il mancato impiego di una risorsa di questo genere, utilizzato solo per visite di turisti al castello come monumento di sé stesso ed ormai raramente usato per mostre di scarso peso o sporadiche apparizioni di iniziative culturali. Tra l'altro è stato pure gettato via con cinismo quel progetto con fondi europei che prevedeva nella parte del paese sotto la fortezza un grande ascensore ed un grande montacarichi, accessibili dopo aver attraversato Verrès, per salire in un battibaleno al castello, valorizzandolo per ovvie ragioni, essendoci oggi solo l'accesso pedonale lungo una mulattiera. In fondo, pensando all'uso del Forte di Bard, si trattava di dare analoga vitalità alla fortezza ed al paese sottostante e alle idee per dare una mission di valorizzazione che certo non mancavano, pensando non solo alle parti già usate oggi, anche per la ristorazione, in occasione del Carnevale, ma allo straordinario e vasto sottotetto in grado di ospitare mostre e convegni. Ma ogni idea è caduta nell'oblio e oggi la mancata volontà di realizzarla si fa facile paravento dei tagli del bilancio regionale, che diventano un comodo alibi per dire di «no» anche capricciosamente e destinare le risorse, ad esempio comunitarie, con scelte verticistiche. Chi continua a comandare in assoluta solitudine manovra le persone come in una partita a scacchi e - pensa che caso - proprio nel maniero di Verrès è ambientata e recitata ogni anno "Una partita a scacchi", un'opera teatrale in versi di Giuseppe Giacosa... Pensare che basterebbe evocare quel motto degli Challant - che ci mette tutti a posto con ironia e senza la disperazione del «tutto è nulla» di Giacomo Leopardi - con quel geniale e circolare: «tout est et n'est rien, tout est monde et le monde n'est rien!».