Capisco che oggi non sarò molto natalizio e mi atterrò di più allo spirito del Natale nei giorni a venire. D'altra parte l'appello ad essere buoni, caratteristico di queste ore, non vuol dire - almeno penso - essere omissivi o adeguarsi alla sagacia piemontese del rozzo, ma efficace «tant brau, tant piciu». Abbiamo visto, infatti, come il "buonismo" (come esibizione dei buoni sentimenti) - per restare in un campo che mi è familiare e visto il recente congresso del Partito Democratico valdostano - serva ad alcuni per giustificare alleanze politiche luciferine (al posto del "ni droite, ni gauche" esordisce "pas de droite, pas de gauche"). Confesso che ci sono giorni in cui non ho molta voglia di seguire le vicende valdostane. Questo avviene perché mi trovo nella spiacevole situazione di chiedermi: «oggi a che cosa toccherà?Quale altro passo si farà per colpire i cittadini valdostani e la comunità tutta intera?».
Questo non è neanche più il terreno per una polemica politica, che è altra cosa, ma è un triste bollettino di guerra, che si legge per capire danni e distruzioni. Scelte di cui spesso sfuggono logiche e ragioni e ci si chiede se ci sia qualcuno in cabina di regia o ormai gli eventi si susseguano con un loro automatismo, come avviene in occasione di una sciagura naturale come un terremoto o un'inondazione. E' abbastanza difficile rendere con un qualche realismo - e senza fare i piagnoni o guardare sterilmente alle cose buone del passato - la situazione di difficoltà crescente in cui la Valle d'Aosta versa. Il 2015 verrà annotato nelle cronache del futuro come l'anno in cui molti nodi sono venuti al pettine nel cammino dello smantellamento dell'Autonomia valdostana. Mai come oggi elementi crescenti di crisi interna e rapporti politici inconcludenti con l'esterno sembrano far avanzare la Valle d'Aosta verso il disastro. Persino le bugie e le promesse non funzionano più, se non fra i pochi che ancora si fanno ancora illudere. Non è solo una questione di soldi, anche se quelli - per far funzionare un sistema autonomistico - servono e non è neppure credibile una visione pauperistica e penitenziale dell'Autonomia che si troverebbe, come qualcuno ha pure teorizzato, in chissà quale purezza primigenia. Ma quel che manca, oltre alla difesa dei diritti, è - non solo banalmente l'esercizio dei propri doveri - ma soprattutto le idee e i progetti per affrontare il futuro. Credo che tutti si ricordino di Mida, il leggendario re frigio, figlio di Gordio, che tramutava in oro tutto ciò che toccava. Così la leggenda: Sileno, compagno e maestro di Dioniso, era caduto dalla groppa del suo asino, perché ubriaco, nel giardino di re Mida. Fu lui a soccorrerlo e il dio, in segno di riconoscenza per la sua generosità, gli concesse di esaudire un desiderio. Mida gli chiese di trasformare in oro tutto ciò che toccava. La richiesta fu esaudita, ma con brutte conseguenze, visto che persino il cibo che toccava per mangiarlo diventava oro. Mida chiese perciò al dio di far cessare gli effetti del potere che aveva ottenuto. Ebbene, nella situazione attuale della Valle d'Aosta sembra esserci il contrario di quel tocco di Re Mida: ogni cosa toccata si trasforma in un materiale organico meno nobile, se non per la concimazione. Basta scorrere le cronache e fare la somma dei problemi politici e amministrativi sul tappeto, per constatare come le cose non funzionino più e non c'è spiegazione leggendaria o chissà quale maleficio all'origine di questo degrado. Ci sono nomi, cognomi, indirizzi e scelte precise, oltreché incapacità e inadeguatezze. Finita la parentesi del Natale, sarà bene che questa consapevolezza accompagni l'inizio del 2016.