Penso che sia una constatazione banale, che abbiamo fatto tutti almeno una volta: capita di andare in posti lontani, di girare l'Europa e il mondo e poi di essere ignoranti e ciechi di quanto abbiamo attorno a noi, a due passi da dove viviamo. Come se certe bellezze a portata di mano e di cervello finissero per essere la normalità e certo questa banalizzazione ci impoverisce e - peggio ancora - ci taglia certe radici di conoscenza che fanno di noi dei cittadini più consapevoli. Ieri - a conferma di questo pensiero - ho approfittato dell'iniziativa in Valle d'Aosta della sezione locale del "Fai - Fondo Ambiente Italiano" nel quadro delle "Giornate di Primavera", che servono a scoprire tesori poco valorizzati di arte, natura e cultura in Italia. Protagonista il Seminario Maggiore di Aosta, enorme immobile dalla lunga storia, situato dietro la Cattedrale e sconosciuto a molti che pure lo vedono tutti i giorni (io c'ero stato en passant per qualche manifestazione). Oggi ci vivono solo più dieci seminaristi, di cui sei studiano prevalentemente a Torino, mentre altri quattro - vocazioni in età adulta - stanno lì in quel palazzo barocco che è simbolo eminente della antica e singolare Chiesa valdostana (ricordo il bel libro di mio zio Séverin Caveri sul gallicanesimo).
Prima di andare in visita, avevo letto quanto scritto, anni fa, sui Seminari in Valle in webdiocesi, dall'attuale Vescovo di Aosta, Franco Lovignana, quando era Rettore del Seminario: "La formazione del clero, durante il medioevo, avveniva ad Aosta, come in tutta la cristianità, presso la scuola cattedrale, le scuole monastiche (Sant'Orso e Saint-Gilles) e anche presso parroci ed ecclesiastici. Terminati gli studi, gli aspiranti si presentavano al Vescovo per chiedere gli ordini. Verso la fine del medioevo il centro di studi superiori della Valle era rappresentato dalla "Grande Eschole" che aveva sede dapprima al priorato di Saint-Bénin e poi presso la maison d'Alinges, residenza dell'arcidiacono al quale spettava provvedere gli insegnanti e controllarne l'operato. Un ruolo importante ebbe la Maîtrise della Cattedrale di cui abbiamo notizia certa fin dal XIII secolo. Qui, ragazzi e giovani venivano formati alla vita ecclesiastica e prestavano servizio presso il coro canonicale. L'istituzione, chiamata anche "Innocents de la Cathédrale", aveva come sede l'attuale canonica della Cattedrale". Segnalata l'importanza della Collegiata di Verrès, di cui mi compiaccio, salto più avanti: "Nel 1563, il Concilio di Trento stabilì che ogni diocesi si dotasse di un Seminarium, "perpetuo vivaio di ministri di Dio", vero e proprio collegio per la formazione disciplinare e spirituale del clero. L'istituzione del Seminario divenne la preoccupazione assillante dei vescovi aostani. Pierre Gazin (1528 - 1557), già durante i lavori del Concilio, aveva pensato di trasformare in Seminario il priorato di Sant'Elena a Sarre. Il progetto non riuscì e il vescovo, come faranno altri suoi successori, si accontentò di accogliere e preparare in episcopio gli ordinandi nei dieci giorni precedenti l'ordinazione. Quali erano le condizioni richieste per l'ammissione agli ordini sacri? Secondo il Sinodo di mons. Ferrero (1595 - 1607), nel 1597, per la tonsura bisognava avere almeno sette anni, saper leggere e conoscere a memoria il Pater, l'Angelus, il Simbolo apostolico e i Comandamenti. Per l'ostiariato, primo grado dell'Ordine, si richiedeva la conoscenza del latino e un attestato di buona condotta del parroco o del maestro di scuola. Mons. Vercellino (1623 - 1651) e mons. Bailly (1659 - 1691) chiedevano agli aspiranti preti di svolgere servizio presso le loro parrocchie, aiutando il parroco nel catechismo, e, se residenti nei quartieri aostani della Cité o del Bourg, di assistere alle lezioni del canonico teologale. Un mese prima dell'ordinazione i loro nomi venivano pubblicati. Dovevano inoltre dimostrare di avere una rendita sufficiente per mantenersi e sostenere un esame davanti al vescovo. L'esame riguardava filosofia, teologia e morale che i candidati avevano studiato in luoghi e con modalità spesso assai differenti. Alcuni seguivano corsi, per così dire, privati presso ecclesiastici disponibili; altri frequentavano i corsi del Collège, dei Cordeliers e di Saint-Jacquême; altri si formavano presso centri universitari di altre città. E' questo un capitolo importante della storia culturale della Valle: non solo vediamo giovani varcare i confini della loro patria alla ricerca del sapere, ma anche vediamo fiorire in Aosta centri di insegnamento filosofico e teologico di alto livello, tanto da richiamare professori e alunni da fuori. Qui, laici ed ecclesiastici si formavano fianco a fianco; responsabilità ed oneri erano condivisi dalla Chiesa e dalla società civile con le sue istituzioni". Ma poi la svolta con il palazzo che ieri ho visitato in parte: "Nel 1772 mons. De Sales (1741 - 1783) acquistò dall'Ordine Mauriziano l'enclos e gli edifici di Saint-Jacquême. Il priorato, già trasformato cento anni prima dal prevosto Antoine Norat, venne praticamente ricostruito. I lavori durarono dal 1774 al 1780 e costarono circa 60.000 lire, quasi interamente pagate dal vescovo che aveva legato a quest'opera uno dei principali obiettivi del suo episcopato. Il 19 dicembre 1780, egli scrisse al Re per chiedere di potersi dimettere e ritirare presso il Seminario, inaugurato il 5 novembre. La lettera è commovente e manifesta la sua grandezza d'animo; tra le motivazioni addotte, troviamo anche quella di poter risparmiare, libero dagli oneri del suo stato, "pour notre pauvre séminaire". Il Re non accolse la richiesta ed egli morì in carica, il 29 novembre 1783. Venne sepolto al centro della cappella del Seminario, dove riposano tutt'ora le sue spoglie mortali. La direzione del nuovo Seminario venne affidata ai Barnabiti che vi rinunciarono nel 1786. Il primo superiore appartenente al clero diocesano fu Pierre-Dominique Gerbore. Assieme all'edificio, passò al Seminario anche la biblioteca del priorato, già destinata a tale scopo da Benedetto XIV nel 1752. Costituì il nucleo dell'attuale biblioteca del Seminario, cui si aggiunsero numerosi lasciti". Mi fermo qui nel racconto che poi, tra mille vicissitudini appassionanti, ci porta sino ai giorni nostri. Ma la visita guidata, specie della biblioteca e della cappella, danno questo senso di profondità storica e della collocazione nell'epoca attuale di questo prestigioso palazzo, così diverso oggi da quanto avvenne, con gran fasti, negli oltre due secoli passati. Dimostra che tutto cambia ed è bene averne la consapevolezza che viene dalla conoscenza. Per questo bisognerebbe vedere più giovani quando si scava in una civiltà.