Nell'ultimo Consiglio Valle è tornato sulla scena un grande classico di questi anni per la politica valdostana: lo stato comatoso del Casinò di Saint-Vincent. Un tempo gallina dalle uova d'oro, oggi gallina con cui si stenta a fare un brodino. L'occasione è stata la discussione e il voto su di una Commissione d'Inchiesta, che di fatto superasse quel gruppo di lavoro maggioranza-opposizione chiamato "task force" con un termine militaresco, inventato dalla Marina americana, che indica un'unità di pronto intervento. Nel caso in esame, si trattava di collaborare per evitare il rischio bancarotta, un fantasma evocato dalla stessa Azienda con «il portare i libri in Tribunale», quand'è stato il momento di convincere sindacati e lavoratori della bontà di un taglio del costo del lavoro.
La ragione del passaggio dalla "task force" alla Commissione d'Inchiesta, bocciata con il solito e unico voto di scarto, è parsa essere la difficoltà per l'opposizione di ottenere i documenti necessari per scavare in profondità nella crisi estrema della Casa da gioco. Per cui si sarebbe reso necessario un salto di qualità negli strumenti indispensabili per fare chiarezza e studiare una strategia d'intervento. Circostanza che prima o poi sarà un passaggio obbligato per la semplice ragione che sinora la rudezza delle cifre è stata ammantata con la "carta da pacco regalo" di una svolta a portata di mano. E la situazione gravissima sembrava essere sempre frutto della malasorte, di uno sfortunato disegno astrale, di una "maledizione alla Tutankhamon". Mentre, invece, nel clima sfavorevole per i Casinò, specie a causa di uno Stato biscazziere, è ormai evidente che è mancata una qualunque strategia, indicando sempre l'attuale amministratore in scadenza, Luca Frigerio, una svolta imminente, che avrebbe trasformato Saint-Vincent in un luogo paradisiaco e i bilanci del Casinò nel Regno del Bengodi. Ma le attese si sono dimostrate come i miraggi nel deserto. Solo due esempi fra gli altri. Il primo riguarda i costosi lavori di ammodernamento del "Grand Hôtel Billia" e del Casinò. La logica era stata: «abbiate pazienza, perché quando sarà tutto funzionante non ci sarà che da aspettare i frutti certi e la prosperità è una certezza». Peccato che il piombo nelle ali sia aumentato ed i bilanci siano stati tali da prevedere per campare prestiti e una ricapitalizzazione da capogiro, i cui benefici sono stati rapidamente esauriti. L'altro caso di scuola: i cinesi. Non quelli ormai indispensabili, trattati con tutti i riguardi, delle comunità italiane, specie quella di Milano. Ma i ricconi della Cina vera, veicolati in Valle con accordi con Macao, la Mecca del gioco d'azzardo cinese. L'arrivo in massa, come una panacea senza eguali, è stata più volta annunciata, con l'arrivo di qualche riccastro a testare le strutture. Poi l'attesa è stata delusa. Che si siano persi per strada? Che abbiano scambiato il nostro Saint-Vincent con l'omonima isola caraibica? Fatto sta che, purtroppo, c'è poco da ridere. Un fiore all'occhiello dell'economia valdostana è ormai un crisantemo appassito. Urge cambiare strada e per farlo non è solo la questione di individuare gente capace e finalmente titolata alla conduzione, ma anche di scelte chiare per il futuro. La "fabbrica dei sogni" è chiusa e tocca guardare in faccia la realtà nella sua crudezza. Far sempre finta di niente non ha portato bene e dunque anche su questo - come su altri dossier - meglio operare un cambiamento.