Prima regola: guardarsi attorno. Chi concepisce l'autonomia speciale come passare il tempo a rimirare il proprio ombelico con compiacimento rischia parecchio. E rischia - atteggiamenti egualmente infruttuosi - chi fa la difesa dell'autonomia con un vittimismo inerme o con un bellicismo parolaio. Il sistema autonomistico, in assenza di federalismo, è e resta saldamente ancorato ai capricci di un centro, che in questi anni si è fatto bipolare, Roma, cui spetta ancora la materia costituzionale e Bruxelles, che ha fette sempre più ampie di legislazione nelle materie le più disparate. Ovvio quindi che le "Speciali" debbano scambiarsi fra loro idee e concordare comportamenti, guardando a quanto di meglio si esprime a livello europeo. In passato, per lunghi periodi, lo si è fatto con efficacia e non "copiando i compiti", ma in una logica di confronto e dibattito, che fa crescere tutti. Oggi i tempi sono piuttosto grami e fare rete sarebbe un dovere, oltreché un modo per rafforzarsi reciprocamente. Il presidente della Provincia di Trento, che oggi è anche presidente di quel poco che resta come poteri e competenze della Regione Trentino-Alto Adige - SüdTirol, Ugo Rossi del Partito Trentino Tirolese, così si è espresso: «auspichiamo che la riforma del Titolo V della Parte Seconda della Costituzione sappia aprire la strada alla revisione del nostro Statuto speciale nella prospettiva sopra indicata. La prospettiva di una revisione statutaria da realizzarsi secondo il principio dell'intesa e che sappia coniugare salvaguardia e ampliamento dei livelli di autogoverno anche dentro il nuovo quadro costituzionale». Lo ha detto ieri alla "Giornata europea" di Castel Presule, in provincia di Bolzano, dedicata a "Regioni in Europa - Europa delle Regioni" con la presenza del presidente Matteo Renzi. Il tema è centrale anche per il futuro della Valle d'Aosta ed è bene pensarci, anche e forse soprattutto in questo periodo di crisi delle istituzioni valdostane, che sono come chiuse nel buio freezer del passato. Ogni elemento innovativo è stato gelato dal ritorno del presidente Augusto Rollandin, interprete di un apparatčik, che non c'è più in nessun posto per la sua visione statica se non passatista, e mi riferisco ad un dato politico non anagrafico. E invece l'esigenza di un secondo Statuto d'autonomia per la Valle non è rinviabile. Certo nel tempo - e me ne vanto - alcuni restyling sono stati fatti, ma non basta. Bisogna avere norme nuove e moderne, che tengano conto dell'evoluzione dei tempi. Ma, come dice Rossi, la "conditio sine qua non" è che ci sia il principio dell'intesa. Oggi un nuovo Statuto proposto dal Consiglio Valle finirebbe nel tritacarne del Parlamento con le attuali procedure costituzionali e un testo positivo in partenza potrebbe uscire dall'iter nelle Camere ridotto come uno straccio. L'intesa darebbe a noi e anche, specularmente, a Roma la serenità di un confronto che obblighi a trovare equilibri e mediazioni.