Se la ricostruzione dei fatti dovesse essere semplice e lineare si potrebbe scrivere: il Governo Renzi taglia 150 milioni di euro alla "Rai" e mette nel suo mirino l’esistenza stessa di molte sedi regionali e lo fa su indicazione del Commissario della "spending review" («tagli, tagli, tagli»), Carlo Cottarelli. Poi, invece, possono esistere tante e variegate dietrologie, che ruotano attorno a qualche interrogativo. Chi ci guadagna da un forte indebolimento della "Rai"? Perché, con l’approssimarsi della scadenza della convenzione fra Stato e "Rai" nell'ormai prossimo 2016, si sceglie di "colpire", come esempio di spreco, la ramificazione territoriale della "Rai"? Come mai, tra l’altro, si decide la vendita di una proprietà aziendale strategica, che riguarda gli impianti di trasmissione, che è la consociata "RaiWay"?
Sarà il tempo, come sempre, a svelare i reali intenti, ma nel frattempo chi, come me, alla "Rai" ci lavora guarda agli avvenimenti, improvvisi e proditori, con evidente preoccupazione. Nessuno nega che il "macchinone Rai" (come lo definiva un vecchio collega, ormai scomparso, Gianni Bertone) abbia bisogno di essere riformato, ma nessuna riforma viene fatta usando la ghigliottina e il tritacarne, che sono strumenti piuttosto rozzi. Che poi, un'azienda nel tempo sempre più "romanocentrica", dopo le riforme "regionaliste" per la radiotelevisione pubblica degli anni settanta ed ottanta, debba cominciare il proprio dimagrimento dal sistema periferico, fa davvero sorridere. Il "caso valdostano" è assieme specifico e esemplare. Dall'inizio degli anni sessanta, dagli studi di Torino, emergono queste trasmissioni specifiche per la radio, che diverranno poi trasmissioni realizzate interamente ad Aosta dal 1968, con la celebre e ancora viva "Voix de la Vallée". A metà degli anni settanta, anche immagino sulla spinta della celebre riforma del 1973 e del principio del "decentramento ideativo-produttivo", nascono programmi radiofonici accanto all'informazione. Con la nascita successiva di "Rai Tre", il 15 dicembre del 1979, al neonato telegiornale valdostano si affiancano le altrettanto nuove trasmissioni regionali. La "Terza rete tv", nata come rete regionale e a carattere interregionale, piano piano si irrigidisce, diventando rete nazionale con finestre regionali. Chiudono quasi dappertutto i programmi, che restano - anche per le implicazioni di tutela delle minoranze linguistiche con le specifiche Convenzioni fra "Rai" e Stato - a Bolzano (tedesco, ladino e italiano), a Trieste (sloveno, italiano con qualche finestra per il friulano), ad Aosta (francese, italiano e spazio per il francoprovenzale e di rado per le parlate germaniche) ed a Cagliari (qualche spazio per il sardo). Per Aosta il quadro giuridico di riferimento è vario: esiste lo Statuto speciale che riconosce, con rango costituzionale, il carattere di "bilinguismo perfetto" della Valle; a questo si richiama la legge 103 del 1975 che prevede apposite convenzioni tra Stato e "Rai" per trasmissioni in francese e la ritrasmissione di emittenti francofone in regione (compiti entrambi in capo alla "Rai"); si concretizzano e si monetizzano queste convenzioni, sempre perfezionate nel tempo, fino agli spazi informativi e ai programmi attuali; si aggiunge poi, dopo la legge 482 del 1999 sulla "tutela delle minoranze linguistiche storiche" qualche ulteriore elemento, come il francoprovenzale e la conferma delle parlate walser già nello Statuto innovato nel 1993, che è in attesa di apposita norma di attuazione per ampliare gli spazi in "Rai"; i principi di questa legge - e il riferimento alla tutela già esistente per le minoranze già altrimenti normate - figurano ben scritte nella convenzione principale che sta per scadere. Rispetto alla Valle d'Aosta, aggiungerei che lo spazio delle radio e televisioni private è, per l'esiguità del mercato in una piccola regione, ridotto al lumicino, la carta stampata soffre della crisi dell’editoria ed il web è ancora una realtà fragile. Questo comporta l'assoluta centralità delle produzioni "Rai" in Valle d'Aosta sia in televisione che in radio, come dimostrato dagli indici d'ascolto molto elevati e dall'attenzione dell’opinione pubblica, che temo dia per scontato che quanto esiste esisterà per sempre… Invece la costante diminuzione del personale su Aosta, problemi gravi di aggiornamento tecnologico, la situazione drammatica in alcune strutture ridotte al lumicino, sono un campanello d'allarme che suona da tempo. E, in fondo, l'attuale esito problematico è la conferma. Tanto tuonò che piovve. Noi speriamo che ce la caviamo…