L'appello è quello solito: chi si sclerotizza sul déjà-vu, nel rassicurante seno delle cose fatte e rifatte sempre nello stesso modo, scopre un giorno di trovarsi inesorabilmente indietro. La routine e la sicurezza, per quanto già appreso in passato e ritenuto sufficiente, rischia di essere un peso che ti trascina a fondo in qualunque settore si operi. Oggi vorrei fare un esempio concreto, applicato ai settori produttivi e non solo, sapendo quanto ormai l'accesso al credito tradizionale sia difficile ed insidioso e quanti si siano trovati intrappolati in un sistema che ci mette poco a farti del male. L'altro giorno, parlavo con un giovane imprenditore valdostano, impegnato in questo periodo in una raccolta fondi con la formula del "crowdfunding" (dall'inglese "crowd", folla e "funding", finanziamento, italianianizzato in "finanziamento collettivo"). In questo caso, proprio per la vocazione più forte di questo tipo di ricerca dei finanziamenti in Rete e cioè - riadoperando l'inglese - una "start-up", vale a dire un'impresa di nuova costituzione, operante in un settore tecnologico che offre delle prospettive di crescita, specie se ci si trova di fronte ad un'innovazione-invenzione. Sappiamo quanto questo sia vero: c'è chi ha fatto successi incredibili, ma anche chi - rovescio della medaglia - ci ha lasciato le penne sul mercato. In realtà il perimetro di questa novità, emersa a partire dal 2005, è più vasto (consiglio la lettura del reportage su "Panorama" della settimana scorsa) e consente, attraverso apposite piattaforme sul Web, di cercare piccoli o persino piccolissimi investitori a favore di un progetto, che sia lo sviluppo di un prodotto nuovo, di un film, di un libro, di beneficenza, di una causa umanitaria e via di questo passo. La tipologia dovrebbe essere appunto, ma la materia è mobile: la donazione, il prestito personale (chiamato "social lending") e il "crowdfunding reward-based". Quest'ultima formula prevede una ricompensa per i finanziatori del progetto, che sia una copia del film, del software, del prodotto che si è "sostenuto" finanziariamente. Applicato ad un'azienda, l'"equity crowdfunding" sostituisce ed integra la tradizionale raccolta di fondi tra - vi ribeccate l'inglese - i "venture capitalist" (formula di finanziamento che comporta un certo margine di rischio), che sostengono una società nascente o nuovi sviluppi in cantiere. D'altra parte non si poteva pensare che la Rete non finisse per essere sempre più uno strumento plurimo e interattivo, riassuntivo delle diverse attività umane. Come un mondo parallelo, molto più concreto di quel che pensi quella parte ancora vasta che non lo frequenta o lo fa sporadicamente. Spiace dover ripetere, in questo senso, un concetto già espresso: va bene che la Valle d'Aosta, anche con la fibra ottica, investa nell'infrastruttura. Ma per i valdostani la differenza, alla fine, la faranno la lotta all'analfabetismo digitale e la possibilità di rinvenire sul Web - certo meglio se di qualità come connessione - servizi e contenuti specifici. La piccola dimensione della Valle d'Aosta, svantaggio in molti casi, per la formazione e gli usi sulla Rete potrebbe diventare, se ci si credesse, un modello.