Quando sette anni fa i miei figli - all'epoca Laurent aveva undici anni ed Eugénie due di meno - mi chiesero un cane, non ebbi dubbi: lo spazio c'era e avere in casa un animale li avrebbe aiutati nella crescita. Ognuno ragiona avendo come parametro nelle scelte la proprie esperienza ed io ragionavo pensando ai "miei" cani. Del primo avevo un ricordo nebuloso: si chiamava Brik, era un cane lupo ed era stato ucciso dai ladri, all'epoca della costruzione dell'autostrada, quando io iniziavo le elementari. La seconda lupetta si chiamava, invece, Laika, come il cane lanciato nello spazio dai russi. Quel cane lupo fu mia amica e complice negli anni chiave dell'infanzia e dell'adolescenza. Le mancava solo la parola, anche se con il modulare dei suoi abbai e l'espressività degli occhi si faceva capire benissimo o almeno a me sembrava che fossi così. Morì piuttosto avanti con l'età e fu mio padre veterinario, appurato che stava morendo, a farle l'iniezione letale, mentre io le tenevo la zampa con l'impressione terribile e assieme tenera che capisse che cosa le stesse capitando con una serenità rassicurante per il suo amato padrone. Poi arrivò, anni dopo, un terzo lupo, regalatomi dal "Soccorso alpino". La chiamai Jas, cercando un nome corto e rapido, come va fatto con i cani. Poi, appunto, arrivò il cane dei miei figli, Max, scelto in una cucciolata di golden retriever in un allevamento vicino a Cuneo. Era un minuscolo batuffolo bianco, che ci venne incontro goffo e pacioccone, facendosi scegliere. Max mi voleva bene e soffrì pure lui della mia separazione, quando lasciai la casa di Feilley. Ogni volta che tornavo a casa, mi accoglieva con grandi feste, capendo subito se lo avrei portato o no a fare una passeggiata, specie lungo il "Ru", dove nella stagione calda si infilava nel canale con aria goduta da cane acquatico quale era. Come dimostrava buttandosi in qualunque corso d'acqua, compresi i gelidi laghi alpini, dove nuotava tutto impettito con il muso fuori dall'acqua. Se n'è andato ieri sera, fra lo strazio di tutti, senza sofferenze, dopo un periodo in cui appariva mogio. Solo l'ecografia e un'operazione chirurgica immediata hanno dato il responso: un tumore diffuso. Resta il mistero di perché non avesse perso peso e non avesse mostrato sintomi evidenti. Forse ci voleva troppo bene per mostrarsi sofferente. Una mano pietosa lo ha traghettato dall'anestesia alla morte, risparmiatogli l'agonia ormai imminente, viste le condizioni del suo fegato. Ringrazio chi, amando i cani, mi ha scritto già ieri la sua partecipazione. E' davvero come la scomparsa di una persona cara, che ci lascia tanti ricordi. Lo avevo visto ancora ieri mattina e gli avevo allungato di straforo un pezzettino di colomba e lui mi aveva sorriso.