E' una vecchia questione il tema della violenza nella lotta politica. Settant'anni fa, come oggi, era nel suo pieno il fenomeno della Resistenza in parte dell'Italia contro i nazifascisti. La violenza era sdoganata a vantaggio di una lotta per la democrazia, conteggiando anche tutte le vicende tragiche e non giustificabili, oggi oggetto di una giusta riscrittura del periodo resistenziale. Nulla è da mitizzare, ma non vale neppure il suo contrario, come vorrebbe certo revisionismo storico all'eccesso. Alla Resistenza si è improvvidamente rifatta nelle sanguinose vicende, a partire dagli Settanta, quella galassia di terrorismo di Sinistra, "Brigate Rosse" comprese, che cercavano riferimenti nobili per giustificare la loro ingiustificabile violenza contro lo Stato. Una visione ideologica ingiustificabile che generò orrore. Ricordo personalmente la parabola di alcuni miei coetanei che orbitavano da ragazzi nell'area di quella che veniva chiamata "Autonomia", che per alcuni fu anticamera verso il terrorismo. Cambiando scenario, chi milita a difesa dei popoli minoritari ricorderà - solo per far tre esempi - gli avvenimenti luttuosi, sbagliati e inutili, nei Paesi Baschi o quell'intrico fra nazionalismo e clan mafiosi della "questione corsa" per non dire della complessa e dolorosa vicenda dell'Irlanda del Nord. Casi diversi fra loro, ma con il comune denominatore di violenza che generava violenza, in un cortocircuito che non risolveva i problemi e insanguinava quei territori. Non è mai stata questa la strada giusta per la libertà dentro sistemi democratici. Ci pensavo ieri, guardando in televisione la periodica scorribanda, questa volta nel cuore di Roma, di quei gruppi organizzati di area "rivoluzionaria" che di tanto in tanto spuntano con la violenza come scelta "antagonista". Ho visto la foto del ragazzo con la mano devastata dal "petardo" (uso le virgolette non a caso), che si apprestava a lanciare verso le Forze dell'ordine. Queste proteste, che incrociano non a caso le manifestazioni pacifiche di disagio sociale, sono un fenomeno che non va mai taciuto. Nella tragedia degli opposti estremismi, a fare da contraltare c'è la crescita dei gruppi di estrema destra "sociale", anch'essi intrisi di quella violenza che in Italia ha generato un filone di terrorismo dal volto feroce. In epoche di transizione e di incertezze, sono fenomeni su cui vigilare.