Che i fautori del neocentralismo, avversari di noi federalisti, ci riflettano a fondo, perché scherzare con il fuoco è una situazione che crea degli incendi. Si ride e si scherza, ma poi a un certo punto esiste un punto di non ritorno. Lo dico anche rispetto a certe vicende sulla Valle d'Aosta e sulle voci varie che, tra studi, ricerche, uscite singole e articolesse, suggeriscono varie formule: fine della specialità o suo forte ridimensionamento, soppressione "tout court" della Regione spesso con logiche di taglia (come se l'usignolo e l'ippopotamo avessero diversa dignità per la loro grandezza), spazi macroregionali in cui affogarci. Ma ci sono segnali, magari discutibili nella loro impostazione, che sono come i segnali di fumo prima dell'arrivo degli indiani. Bisogna saperli leggere, perché sennò è legittimo che ognuno si faccia i fatti propri, perché i tabù si spezzano con facilità. Aveva cominciato, pochi mesi fa, la solita Eva Klotz - che ho conosciuto moltissimi anni fa - del Süd-Tiroler Freiheit con una consultazione referendaria per vedere quanti fossero d’accordo nel chiedere il distacco del Tirolo del Sud dall'Italia. Votarono in 61mila, di cui il 92 per cento hanno dichiarato di essere favorevoli all'autodeterminazione. Qualche mese dopo, anche in questo caso in occasioni di elezioni, spunta in Sardegna un gruppo civilissimo che propone l'annessione dell'isola dei quattro mori alla Confederazione elvetica, creando il ventisettesimo Cantone svizzero. Nel loro sito, visibile sul web con dovizia di dati spiegano, tra l'altro, di volere «sondare la reale volontà dei sardi di affrancarsi dalla Repubblica Italiana e di annettere l'isola di Sardegna alla Confederazione Elvetica. Non si tratta di una provocazione né di una boutade. Si tratta di un progetto, di un'idea che scaturisce dall’attuale contingenza che vede l'Italia intrappolata in un vortice di crisi economico-politica apparentemente senza via d'uscita. Le difficoltà cui gli italiani sono chiamati a dover fronteggiare in questo momento storico, sono tante e tali da creare un disagio economico ed esistenziale con pochi precedenti nella storia recente. Ovviamente non è detto che la controparte, la Svizzera, eventualmente chiamata in causa, esprima una volontà complementare. L'idea, iperbolica in se, nasce dal fatto che la Svizzera è un Paese solvibile, senza alcuno sbocco sul mare, neutrale, fuori dalla Comunità europea per propria scelta, con otto milioni di abitanti, che svolge un ruolo fondamentale nell'economia mondiale in virtù del potere finanziario rappresentato dal proprio sistema bancario e dalla propria eccellenza produttiva e amministrativa. E' una terra grande quasi il doppio della Sardegna, montagnosa e incastonata entro confini inalterabili. E' pacifica, produttiva e non ha mire espansionistiche di natura militare; potrebbe forse valutare un'espansione territoriale tramite transazione economica». Insomma uno sbocco al mare e qualche politico svizzero ha pure sorriso sornione. Infine, giorni fa, spuntano due milioni di sì al referendum voluto dai venetisti di "Plebiscito.eu" in favore di un Veneto indipendente dall'Italia. I voti conteggiati sono stati due milioni 360mila e 235, pari al 73,2 per cento degli aventi diritto al voto in Veneto; i "sì" all'indipendenza due milioni 102mila e 969, pari all'89 per cento dei votanti, i "no" 257mial e 276, il 10,9 per cento. I voti ritenuti "non validi" sono stati 6.615, lo 0,29 per cento. Segnali, dicevo, che possono anche non essere presi sul serio, ma attenzione che il disagio cova davvero. Se lo Stato diventasse sempre più un elefante nella cristalleria, penso che ci sarà da aspettarsi di tutto anche in Italia. Scozia e Catalogna non sono sulla Luna ed una battaglia politica e giuridica, basata su una forte spinta ideale, non è un'assurdità.