Il diritto di voto non esaurisce il dovere di cittadinanza. Questo è il punto di partenza per il futuro di una piccola democrazia, come quella valdostana, posta di fronte a sfide in cui, ogni cittadino della nostra Regione e la comunità nel suo insieme, si troveranno ad affrontare passaggi delicati, per nulla da sottostimare. Si tratta, infatti, di definire cosa sarà - e non solo per nostra volontà naturalmente - la nostra autonomia speciale. Le Istituzioni non sono "pezzi da museo" e dunque è chiaro che - fatti salvi alcuni restyling dello Statuto e certe norme d'attuazione - il nostro sistema politico sente il peso degli anni. Ma, per una riscrittura dello Statuto, siamo fermi ad una situazione di paralisi: metterci mano, senza il "Principio dell'intesa", può significare trovarsi con un insieme di poteri e competenze ridotti rispetto alla situazione attuale. Ma star fermi comporta il rischio altrettanto grave di retrocedere anche perché altri potrebbero nel frattempo scegliere per noi. Strana storia ed è chiaro, che se grandi responsabilità ricadono in capo agli eletti, visto che siamo in una democrazia rappresentativa, ci vuole, tuttavia, consapevolezza affinché attorno a loro, per evitare che siano dei generali senza truppe, ci sia una società civile che si spende e che interagisce. Questo lo dico subito pone le forze politiche valdostane di fronte alla necessità, per chi ce la farà, di profondi cambiamenti con partiti meno rigidi e più reattivi. Ma fatemi tornare alla cittadinanza, tema sul quale si sono spesi moltissimi autori di diverse discipline e sarebbe velleitario riprendere il "fil rouge" da epoca antica sino ad oggi. Per cui vale la pena di concentrarci sul presente. Quante ne abbiamo di cittadinanze? Giuridicamente direi che - scrivo da valdostano - ne abbiamo tre: esiste una cittadinanza valdostana, perché abbiamo un ordinamento valdostano; siamo poi cittadini italiani, con i conseguenti diritti e doveri; infine siamo da un ventennio anche cittadini europei a pieno titolo. Queste diverse personalità che coabitano devono essere espressione di una vasta volontà politica, che sia supporto - ragionato e consapevole - dell'avvenire. Un "popolo bue" o cittadini buoni solo per votare sarebbero la fine di forma e di sostanza per la piccola Valle d'Aosta che, se fosse oggetto passivo, finirebbe per essere travolta dalle circostanze - spesso eccezionali o presunte tali - di questi anni travagliati. Per cui se suona la sveglia non è un esercizio di stile - tipo adunata in una caserma - ma è la consapevolezza che i peggiori nemici, come dimostra la Storia, sono il disinteresse e la rassegnazione.