Tutto torna nel tempo e solo una visione attenta della propria storia consente di trovare le energie per uscire da situazioni difficili. Ma non è un automatismo: non c'è un pulsante da schiacciare, cui corrisponda un intervento che contrasti l'emergenza. La mobilitazione è un fatto spontaneo, che pone la nostra comunità di fronte alle proprie responsabilità per dimostrare che esiste una capacità di reagire a pericoli e difficoltà. Pensiamo all'attuale messa in discussione del nostro Statuto e delle ragioni della specialità sulla base di studi dottrinari di costituzionalisti e di un uso potente dell'informazione, che spingono contro le autonomie differenziate in nome di una supposta equità. Lo si fa in modo cieco e senza distinguo, ma è una manovra a tenaglia che si può giocarsi nel breve volgere di alcuni mesi.
Già nell'epoca della nascita dell'attuale regime autonomistico, sull'onda di avvenimenti irripetibili quali la temperie della fine della Seconda guerra mondiale, erano ben chiari i rischi che un giorno tutto potesse essere messa in discussione. Il rango costituzionale dello Statuto, pur "protetto" da particolari procedure, già si sapeva che manteneva in capo alla "capricciosità" dello Stato il nostro futuro. Non a caso si rivendicava un'autonomia basata sui ben più resistenti principi federalisti, che alla Costituente sparirono dalla scena e non per niente ci fu - nel solco della tutela del Tirolo del Sud - la speranza di una garanzia internazionale, analoga a quella che protegge ancora oggi Bolzano con una vigilanza di Vienna. Ma questo, si sa, non è avvenuto e dunque - pur senza perdere di vista il quadro complessivo, anche di fonte europea, che può esserci utile in caso di necessità - sia chiaro che è in noi stessi che dobbiamo sempre trovare, anzitutto, la forza di reazione contro chi vorrebbe far sparire quanto fu frutto di una patto fra Italia e Valle d'Aosta. Quindi è dai diritti che dobbiamo partire con una difesa ferma e non piagnucolosa delle nostre ragioni. Dobbiamo farlo - e l'UVP è nata per questo - anche con spirito autocritico, sapendo che l'altra faccia della medaglia sono i doveri connessi all'esercizio della nostra autonomia. La serietà dei comportamenti, il rigore morale, la convinzione nelle proprie ragioni sono i presupposti per evitare che, nell'immediato futuro si pregiudichi, sotto diverse possibili forme, l'esistenza stessa della nostra autonomia. Ricordando un fatto essenziale: per raggiungere il risultato non c'è solo la brutalità della soppressione delle norme giuridiche alla base dell'autonomia, ma ci può essere - e in parte è in corso - lo svuotamento lento e inesorabile delle norme stesse, ad esempio con una mirata e continua riduzione delle risorse economiche reali. E' il caso dell'attuale applicazione del riparto fiscale, che si discosta nettamente da quanto previsto. Queste circostanze ci consentiranno di distinguere meglio chi crede o no nella nostra autonomia, a Roma come ad Aosta, facendo la necessaria pulizia nel mondo autonomista, che ha nel proprio seno - oggi come nel dopoguerra - traditori, doppiogiochisti e incapaci.