Silvio Piola (1913-1996) è stato un mito del calcio italiano. Nel ruolo di centravanti, risulta ancora oggi, con 290 gol, l'attaccante che ha segnato di più nel massimo campionato italiano dal suo esordio nel 1929 sino al 1954, quando lasciò il pallone, mostrando una longevità sportiva inconsueta. Divenne poi, per un breve periodo, allenatore, anche della Nazionale e successivamente fece da osservatore e formatore di giovani. Ho presentato a Gressoney-Saint-Jean un libro su di lui, intitolato "Silvio Piola, il senso del gol", scritto da Lorenzo Proverbio con la collaborazione della figlia del calciatore, Paola Piola. E' un libro ricco di racconti, assai meticolosi e con parecchie foto e documenti utili per "capire" Piola e la sua epoca, quel Novecento "secolo breve", pieno di vicende storiche significative. Perché Gressoney? Intanto diciamo che nel palazzetto dello sport del paese c'è, sino al 12 gennaio, una versione ridotta di una mostra, tenutasi a Roma, sul campione per i cento anni dalla sua nascita. Ma rispondo alla domanda: perché Piola dagli anni Sessanta, quindi appena ultracinquantenne, iniziò a frequentare in vacanza il Comune walser. E' stata la figlia a raccontare come i genitori avessero scoperto la località, colpiti dalla natura incontaminata, nel 1968, scegliendola poi come meta principalmente estiva per le ferie. Aveva creato una cerchia di amici con cui giocare a bocce in un bar del paese, ma amava anche andare a pesca e farsi dei bei giri in bicicletta. Una vita tranquilla, godendosi in pace la famiglia e l'accoglienza riservata della comunità locale. Divertente il racconto della figlia, quando descriveva il padre che spiegava a lei e al fratello certe tattiche in campo da gioco da spiegare poi ai giovani, usando molliche di pane in veste di calciatori sul tavolo da pranzo. Ovviamente quello di Piola per me - per ovvie ragioni generazionali - non è un ricordo diretto, ma di qualcuno di cui, da bambino, quando si parlava di calcio, sentivo raccontare, come avveniva con quella Nazionale azzurra di Vittorio Pozzo, che vinse i Mondiali nel 1938. Inutile dire che il fascismo usò il calcio, come propaganda, in anni di dittatura. Così Piola, cresciuto calcisticamente nella Pro Vercelli, giocò poi nove anni nella Lazio, dove finì per intervento diretto di Benito Mussolini, perché Roma doveva avere una squadra all'altezza! In seguito giocò nel Toro, nella Juventus e infine con il Novara. Piola fu un uomo serio e preciso, sabaudo direi, che fece del calcio la sua vita e il libro racconta di lui, come merita: un grandissimo, il cui nome è iscritto per sempre negli albi d'oro del pallone. Niente a che fare con certi divi, stupidi e viziati, del calcio di oggi, che Piola, forse, neppure capirebbe più. Lo scrivo a costo di apparire "laudator temporis acti". Ogni tanto ci sta!