Giuro che non mi farò troppo assorbire dalle vicende natalizie per non compartecipare ad una montagna di retorica e soprattutto di bulimia commerciale che rischia già di schiacciarci, come ben dimostrabile accendendo a casaccio la televisione. Ma non si può neanche far finta di niente e fare di ogni erba un fascio con una logica di fronda al Natale, che sarebbe uno snobismo fuori luogo. In questi giorni, poche storie, siamo all'ultimo chilometro e parlare del Natale vuol dire solo guardarsi attorno e prendere atto della sua forza attrattiva.
Ma soprattutto, con i suoi grandi e piccoli riti, diventa una sorta di cartina di tornasole, cioè un elemento rivelatore che evidenzia diversità anche di fronte ad uno stesso fenomeno. Delle cose grandi non mi occupo: Natale è la natalità, momento centrale per il cristianesimo, ma questa nascita è basata su elementi pregressi - già il 25 dicembre si situa su festività precedenti e lo stesso vale per simboli come l'albero addobbato o il vischio sotto cui ci si bacia - e su tante costruzioni miste, fra vecchio e nuovo, pensiamo al presepe e alle sue trasformazioni o persino a Babbo Natale da Santo a giocattolaio pacioccone. Prendiamo la "cena degli auguri", che da questi giorni fino a poche ore dal Natale - con il culminare della più familiari cena prenatalizia o del pranzo natalizio - ci vedrà protagonisti con le diverse maschere che portiamo sul volto, a seconda dei compiti che svolgiamo. Negli ambienti di lavoro e affini - anche in politica! - l'indicatore del clima, buono o cattivo, si esplicita in una sorta di catena in crescendo. Il peggio è se la cena non si fa, segue la cena con poca partecipazione, c'e poi la serata con gelo e scarso divertimento, c'è infine la serata che mostra l'esistenza di un buon ambiente, che corrisponde dunque alla realtà positiva. Idem per gli addobbi di Natale: io trovo che sia sempre e a tutte le età una scelta per volersi bene e voler bene agli altri. La scena natalizia prevede un décor che può essere un minimo sindacale o può declinarsi in diversi livelli d'impegno. Trovo che ci sia un juste milieu fra lo squallore di due vecchi festoni e luci farlocche (una sì e quattro no) e chi, invece, "natalizza" qualunque angolo di casa e giardino con il rischio che ti spunti un Babbo Natale in bagno o dal frigorifero. E' vero che molta dell'animazione del Natale ruota attorno ai bambini, che finiscono persino per essere l'alibi per alimentare e giustificare il proprio animo fanciullesco. E i regali? Abbiate pietà: confesso che, anche quest'anno come quasi sempre, sto brancolando ancora nel buio. Sarei prosaicamente tentato di dire a tutti i miei cari di scrivermi, come io facevo a Gesù Bambino e oggi si fa di più con Babbo Natale. Non che non ami scegliere per vedere se esista una mia abilità fra le mie scelte e i desiderata di chi il regalo la riceve, ma confesso che non mi piace l'ansia da prestazione. Avendo ormai una certezza basata sull'esperienza: in un millesimo di secondo, tolta la carta da pacchi, ti accorgi subito, guardando negli occhi il soggetto, se il regalo sia piaciuto o no.