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19 ago 2013

La montagna comporta rischi

di Luciano Caveri

Non ho elementi per giudicare - ma i particolari arriveranno nelle prossime ore - come abbiano pensato i genitori del neonato di otto mesi, morto questa mattina, di portarlo senza conseguenze sulla sua salute ai 3.000 metri del rifugio degli "Angeli al Morion" (ex "Scavarda") in Valgrisenche. Una scelta sbagliata, che accrescerà il dolore straziante dei parenti del bimbo, come spiegano tutti i dottori specializzati in medicina di montagna. Gli esperti nel tempo hanno, infatti, grazie a molti studi, declinato obblighi e consigli sulla montagna e i suoi rischi dalla nascita sino a tarda età.

Una casistica intricata a seconda delle proprie condizioni e delle molte patologie possibili, che ha alcuni capisaldi su cui si fa l'unanimità. Uno di questi è la cautela, sino a degli impedimenti veri e propri, per i bimbi più piccoli, con le ovvie eccezione per chi nasca o viva già usualmente in alte quote. Temo che a fine stagione quest'estate sarà memorabile per i troppi lutti consumatisi sulle Alpi, colpendo persone di tutte le età e in diverse circostanze. Da una parte esistono elementi naturali che possono rendere la montagna più pericolosa: innevamento tardivo, accelerazione dello scioglimento del "permafrost", condizioni particolari in parete e via di questo passo in un elenco che potrebbe essere lungo ed esaustivo. In un ambiente difficile o pericoloso, chi decide di affrontarlo egualmente lo fa a proprio rischio e pericolo, sapendo che la fatalità può colpire. Nel senso che non si può certo sapere quando una seracco si stacca da un ghiacciaio, se un sasso si scarica lungo una parete, perché un compagno di cordata mette un piede in fallo o un fulmine colpisce con violenza in un dato posto in un certo momento. Poi ci sono elementi soggettivi, che dipendono dal proprio stato di salute, dalle proprie capacità tecniche, dalla valutazione del meteo, citando qualche esempio, che può essere sviluppato in modo minuzioso. L'alta montagna lascia pochi spazi ad errori o sottovalutazioni: una distrazione o uno sbaglio possono non essere correggibili. Se penso a quanti amici o conoscenti di straordinaria levatura ho perso o per drammi causali o per sbagli letali da convincerti che si può lavorare solo - e fino a un certo punto - sull'educazione e sulla prevenzione. Bisogna chiedere, informarsi, scegliere itinerari, farsi accompagnare da guide alpine. Ma poi c'è un quid che si chiama sfortuna o fortuna, che si vive nella vita vissuta e non solo scalando le montagne. L'importante è non andarsela a cercare e non mettere a repentaglio la vita dei soccorritori e gravare, come se nulla fosse, sulla comunità per il grande costo dei soccorsi in montagna.