Scrivevo, due giorni fa, del libro di Lilli Gruber e di quel concetto di "Heimat", caro ai sudtirolesi e ai popoli germanici e mi sono chiesto se e come possa esistere un termine simile, legato al cuore dei valdostani e a quel legame così intenso con queste nostre montagne e all'insieme della cultura alpina che qui si esprime.
Nella situazione attuale, ma penso che possa valere anche per le definizioni passate del genere "Pays d'Aoste", la dizione "Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste" (come risulta ormai, con dizione bilingue, nella Costituzione italiana - su mia proposta - dal 2001) non scalda certo i cuori e lo dimostra il fatto che la stessa burocrazia regionale usa talvolta l'agghiacciante acronimo "RAVA" (che, tra l'altro, letto così non sarebbe altro che la rapa!). Per altro confesso di aver verificato con dispiacere come troppo spesso quell'aggettivo "autonoma", segno della diversità di un ordinamento giuridico, venga fatto cadere con eccessiva facilità.
Neppure ha avuto successo l'idea del poeta patoisant Jean-Baptiste Cerlogne, che nell'Ottocento cercò di teorizzare la "piccola patria", la Valle d'Aosta, e la "grande patria", l'Italia.
Molte altre strade non sono state battute e per un federalista l'uso di termini come "Nazione senza Stato", che piace a catalani e baschi, suonano male perché puzzano di centralismo giacobino lontano un miglio.
Una traccia valida la si trova all'atto della nascita, nel 1945, della Valle d'Aosta come "circoscrizione autonoma", rimasta valida fino all'entrata in vigore dello Statuto speciale. Lì il piccolo parlamentino regionale è definito "il Consiglio della Valle" e questa dizione è rimasta anche dopo il 1948 e con le successive riforme costituzionali.
Penso dunque che questa antica formula "Valle" ("forma concava del suolo fra due opposti pendii", dal latino "vallis" e, nel caso nostro, "Vallis Augustanae") sia, in fondo, il nostro modo per dire "Heimat".
Non a caso, vivendo a cavallo fra Seicento e Settecento, il grande storico valdostano Jean-Baptiste De Tillier intitolò il suo libro più celebre "Recueil contenant dissertation historique et géographique sur la Vallée et Duché d’Aoste". Il termine "Vallée" esprime qui tutta la sua plasticità e cioè una capacità di adattamento ai cambiamenti nel tempo.
Così nelle espressioni comuni «vado fuori Valle», «rientro in Valle» si ritrova il segno non solo di un riferimento geografico, ma di un posto nel quale si riconoscono gli affetti più profondi. Non caso. infatti, una delle canzoni più sentite (e cantate) in questi anni e stata scritta dal Canonico Jean Domaine sulla Valle d'Aosta come "Verda Vallaye", perché interpreta un idem sentire.