Ogni tanto la lettura dell'articolo 1 della Costituzione sembra una beffa: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". In questi tempi, in cui anche in Valle d'Aosta crescono disoccupazione e contratti che sanciscono varie forme di precariato, il lavoro è ormai un'autentica emergenza e, sera dopo sera nel peregrinare di paese in paese per i comizi, cresce la consapevolezza di come questo sia un tema sulla pelle dei cittadini e in cima ad ogni priorità. Non a caso, dopo che in questi ultimissimi anni la Regione ha agevolato forme di precariato con pasticci vari, come la famigerata "Salvaprecari" ed il caso esemplare delle scelte contraddittorie nel settore della forestazione con persone e famiglie fatte cadere nella disperazione, ora si promettono concorsi con una logica di stabilizzazione che trasforma il presidente Augusto Rollandin in una versione locale degna del celebre Achille Lauro, il famoso armatore napoletano che, negli anni Cinquanta, alle amministrative, dava prima delle elezioni una scarpa sola o una metà di una banconota ai poveracci in cambio del voto, completando il paio di scarpe e l''altra metà della banconota solo ad urne chiuse e a seconda del risultato. Un giorno verrà in cui diventerà manifesto l'uso spregiudicato delle assunzioni, sempre più precarizzato e con una logica simile a quella di un guinzaglio per cani, nella sanità pubblica, nel sistema delle partecipate con un posto d'onore a "Cva" (società elettrica regionale dove certe logiche si sono fatte metodo ordinario) e al Casinò di Saint-Vincent riempito di precari, ma anche in un vasto indotto di privati variamente legati al sistema regionale. Un complesso sistema clientelare, come un collocamento parallelo, che vede un uso distorto di strumenti come il lavoro interinale ed i contratti a termine per mantenere vivo il rapporto di sudditanza, che un contratto a tempo indeterminato spezzerebbe. Questa macchina, sempre più sofisticata, funziona a pieno regime proprio in epoca elettorale in cui i soggetti a vario titolo interessati dal "piacere" (altro che l'articolo della Costituzione!) vengono richiamati all'ordine e al rispetto del patto luciferino del "do ut des", così rozzamente riassumibile: «io ti ho dato il lavoro e ora tu...» Questa situazione, che crea disparità, manda a farsi benedire la logica concorsuale che non c'è o diventa farsa e umilia ogni logica di merito o di competenza, nuoce gravemente alla salute della nostra comunità e penso abbia raggiunto livelli intollerabili. Anche per questo cresce la consapevolezza del perché bisogna voltare pagina.