Nella vita bisogna accettare i cambiamenti. Dopo circa tredici anni lascio le Istituzioni europee. Lo faccio per coerenza con la scelta "di rottura" che mi ha portato ad essere socio fondatore dell'Union Valdôtaine Progressiste. Vista l'accusa di essere "poltronista" - in fondo leggera rispetto a certi insulti che si sono beccati altri - non sarò più al "Comitato delle Regioni" a Bruxelles, dov'ero dal 2003, dopo aver lasciato il Parlamento europeo, e dove ricoprivo da qualche tempo il ruolo di capo della delegazione italiana. Questa mattina spiegherò il perché ai miei colleghi: dal 2008 ero stato indicato dalla Valle d'Aosta, candidatura confermata dalla "Conferenza dei Presidenti" e approvata dal Consiglio europeo. La nomina valeva sino al 2015 e lo stesso periodo riguardava anche il secondo incarico europeo, quello a Strasburgo nella "Camera delle Regioni" del Consiglio d'Europa: ma ora è serio che me ne vada non condividendo più la linea del Governo regionale e avendo esaurito la pazienza. Certo che mi spiace, perché si chiude un lungo ciclo molto interessante e che mi ha consentito di imparare tante cose che non sapevo. Oggi posso dire di conoscere bene il diritto comunitario e i meandri di Bruxelles e, pur avendo un'attività meno intensa, lo stesso vale per quel perimetro molto più vasto rappresentato dal Consiglio d'Europa. Ricordo ancora quel 2000, quando mi ritrovai - per la rinuncia al seggio di Massimo Cacciari e grazie all'apparentamento con i "Democratici" di Romano Prodi - a fare l'europarlamentare: un apprendistato di una materia nuova a contatto con colleghi di diversi Paesi in un ambiente cosmopolita straordinario. La Presidenza di una Commissione prestigiosa - Politica regionale, Trasporti e Turismo - consentì di seguire da una posizione di primo piano dossier di grande importanza. Dopo tanti anni a Roma era qualche cosa che mi consentiva di acquisire strumenti nuovi e di capire più a fondo determinati meccanismi. Questo bagaglio, dal 2003 sino ad oggi, l'ho ulteriormente aumentato grazie a questa Camera di secondo piano che è il "Comitato delle Regioni": dove il sistema autonomistico europeo crea una possibilità di confronto che consente di capire ancor meglio la vastità di esperienza di democrazia locale quale espressione più genuina della sussidiarietà. La gigantesca Unione Europa confrontata alla prossimità dei diversi modi di concepire la democrazia regionale e quella comunale. Un'Europa ancora diversa da quella del Parlamento europeo, mentre il Consiglio d'Europa "sfora" ben oltre i ventisette "comunitari" e dà il senso pieno della politica internazionale in chiave parlamentare. Spero che la nuova esperienza politica qui in Valle, con tante persone entusiaste, mi consentirà una cosa che mi è stata in parte impossibile nel recente passato, specie quando sono finito nel "libro nero" di quelli da colpire perché non "yes man", cioè quel trasferimento ad altri - specie ai giovani - delle cose imparate e viste in questi anni. Ciao, Europa, ti continuerò a tenere nel mio cuore: un valdostano è credibile se mette assieme l'amore per il suo Pays con una dimensione europea che ci apra al confronto.